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Relazione tecnica alla legge delega di riforma della magistratura onoraria

Relazione tecnica alla legge delega di riforma della magistratura onoraria

Il sistema retributivo e previdenziale

INDICE

Paragrafi:

 

 

  1. Il sistema di retribuzione.
  2. Il sistema previdenziale.

 

I.Il sistema DELLA retribuzione

DEI MAGISTRATI ONORARI

 

 


  1. L’analisi della normativa.

1.1. Il progetto di legge governativo.

Il progetto governativo prevedeva che la futura retribuzione del magistrato sarebbe stata caratterizzata da una componente fissa ed una componente incentivante [cfr. pagina 13 della relazione primo paragrafo, seconda parte: “Conseguentemente, in sede di attuazione della delega, è certamente ipotizzabile una strutturazione dell’indennità in questione prevedendo la ripartizione della stessa in una quota fissa ed in una quota incentivante“] e che quest’ultima sarebbe stata ancorata al raggiungimento di obbiettivi fissati dal Presidente del Tribunale o dal Procuratore [cfr. art. 2 co. 13 lett. c) S 1738].

1.2. L’emendamento sul regime retributivo approvato in Senato.

In sede di discussione all’aula del Senato è stato approvato l’emendamento 2.311 (testo 2) del relatore Sen. Cucca delineando con maggiore precisione, e seppur in linee generali, il regime retributivo del magistrato onorario.

In primo luogo si prevede espressamente che l’indennità dei magistrati onorari si compone di una parte fissa ed una variabile [cfr. art. 2 comma 13 lett. a)] e che la parte fissa per il magistrato onorario applicato all’ufficio del processo venga definita in misura inferiore a quella prevista per l’esercizio di funzioni giurisdizionali [cfr. art. 2 comma 13 lett. b) e c)].

Per quanto attiene alla componente variabile, la legge delega definisce il minimo ed il massimo della stessa, ossia che non possa essere inferiore al 15% né superiore al 50% della parte fissa [cfr. art. 2 comma 13 lett. e)].

Sempre con riguardo a tale componente, il disposto in esame prevede che la definizione dei criteri obbiettivi venga affidata al Consiglio Superiore della Magistratura, mentre saranno i Presidenti dei Tribunali ed i Procuratori della Repubblica a determinare gli obiettivi [cfr. art. 2 comma 13 lett. f)].

Tali obiettivi verranno definiti tenendo conto della media di produttività dei magistrati dell’ufficio o della sezione [cfr. art. 2 comma 13 lett. i)].

La liquidazione della parte variabile verrà disposta al termine dell’anno solare e verificato il raggiungimento degli obiettivi (presumibilmente in base al numero di provvedimenti definiti dal magistrato).

1.3. Le raccomandazioni e l’ordine del giorno approvati alla Camera dei Deputati, con parere favorevole del Governo.

Nella seduta n. 615 di giovedì 28 aprile 2016 sono state approvate, con parere favorevole del Governo, le raccomandazioni n. 9/3672/8 a firma dei Deputati Tartaglione. Giuseppe Guerini e Greco e n. 9/3672/17 a firma dei deputati Molteni, Guidesi e Invernizzi che impegnano il governo ai magistrati onorari “una retribuzione annua lorda non inferiore ad Euro 36.000,00”, come importo minimo della componente fissa.

Sempre nella medesima seduta, era approvato l’ordine del giorno n. 9/3672/9 a firma dei Deputati Giuseppe Guerini e Greco, con parere favorevole del Governo che impegnava il Governo a “svincolare la retribuzione dei magistrati onorari dal fondo e a reperire le risorse economiche idonee ad assicurare ai magistrati onorari una retribuzione che sia costante e non soggetta a riduzioni imprevedibili”.

 

  1. I caratteri del nuovo sistema delle indennità del magistrato onorario.

2.1. Caratteri generali per la componente fissa e variabile.

Da tale complesso di norme emerge in primo luogo che la componente fissa avrà una importanza determinante nella quantificazione del compenso del magistrato onorario (diversamente da quanto accade con la normativa vigente, dove per i Giudici di Pace, assumono rilievo predominante le indennità variabili, a provvedimento).

Secondariamente, che gli obiettivi da raggiungere, che condizioneranno la componente incentivante: a) avranno ad oggetto la produttività dell’ufficio, ossia un numero di procedimenti da definire nell’anno da ogni singolo magistrato; b) verranno fissati secondo criteri predeterminati in via generale dal Consiglio Superiore della Magistratura (è possibile ipotizzare in un numero minimo e massimo) e c) saranno definiti sulla base della produttività media dell’ufficio o della sezione dai Presidenti dei Tribunali e dai Procuratori della Repubblica [cfr. in particolare art. 2 comma 13 lett. i)].

 

2.2. La determinazione della componente fissa e la tutela dell’autonomia della magistratura.

Considerando che la componente fissa costituirà l’elemento qualificante della retribuzione del magistrato onorario, questa deve essere determinata in misura tale, non solo, da consentire allo stesso di condurre una vita decorosa, ma anche, e soprattutto, di tutelare l’autonomia della magistratura.

La certezza di una retribuzione per un magistrato è finalizzata a garantirne l’autonomia in modo da essere indipendente e non a rischio corruzione. Un magistrato deve svolgere la propria funzione con l’unico scopo di garantire il rispetto della legge e non può essere condizionato dal timore di non riuscire a far fronte economicamente alle esigenze quotidiane di vita.

L’unico obiettivo del magistrato è il rispetto della legge e delle norme costituzionali e questo prescinde dalla natura professionale od onoraria.

La Corte Costituzionale che in più occasioni ha affermato come la retribuzione dei magistrati riguarda “un aspetto essenziale all’attuazione del precetto costituzionale dell’indipendenza” [cfr. Corte Cost. n. 1/1978 e Corte Cost. n. 42/93] ha stabilito che tale aspetto è fondamentale “in modo da evitare che i magistrati siano soggetti a periodiche rivendicazioni di altri poteri”.

Questo è un principio posto a tutela della funzione giudiziaria e non costituisce una prerogativa collegata allo status giuridico della persona del giudicante.

In particolare il CSM ha ribadito l’importanza della retribuzione precisando che “il diritto alla percezione delle indennità da parte del magistrato onorario, nonché le modalità concrete attraverso le quali si procede alla loro corresponsione costituiscono elemento integrante per garantire l’indipendenza della funzione giurisdizionale, come rilevato nella sentenza n. 223/2012 della Corte Costituzionale, secondo la quale, le componenti, anche indennitarie del trattamento economico dei magistrati, sono collegate ai principi di autonomia ed indipendenza della Magistratura, con la conseguenza che la loro riduzione determinerebbe un vulnus della Costituzione” [Delibera CSM Prot. n. P7999/2015 del 23.04.2015].

Da ciò deriva l’importanza della determinazione di un trattamento retributivo non solo al fine di tutelare il diritto alla corresponsione di un’indennità corrispondente alla funzione svolta, ma anche e soprattutto a garantire il principio dell’autonomia della magistratura.

 

2.3. La natura dei parametri indicati dal Parlamento.

L’utilizzo dei parametri determinati nelle due raccomandazioni e nell’ordine del giorno approvati alla Camera, è quantomai necessario in tale ambito, dovendosi ritenere gli stessi vincolanti per il Governo.

Diversamente, si affiderebbe all’esecutivo una delega in bianco in materia di retribuzione della magistratura con conseguente lesione del principio dell’autonomia della stessa e, soprattutto, creando un pericoloso precedente.

 

  1. Le proposte delle Associazioni.

3.1. I Criteri per l’individuazione dell’importo della componente fissa: La retribuzione tabellare del dirigente amministrativo. La determinazione della pianta organica dei magistrati onorari.

In considerazione delle due raccomandazioni e dell’ordine del giorno approvati dall’aula della Camera, con parere favorevole del Governo – le quali prevedono la determinazione dell’indennità fissa nella misura non inferiore a 36.000,00 Euro annui e lo svincolo dal fondo – si ritiene che un parametro utile per individuare un criterio di riferimento per la determinazione della componente fissa della retribuzione debba essere quello dello stipendio tabellare dei dirigenti (di I e II fascia) dell’organizzazione giudiziaria, considerato al loro delle imposte, ma al netto del trattamento previdenziale ed assistenziale.

Tale conclusione è in linea con il sistema di retribuzione delineato dal legislatore delegante che si caratterizza per una componente fissa ed una indennità di risultato, in modo analogo a quello del personale dirigente e con lo status del magistrato onorario.

La quantificazione dell’indennità fissa in misura pari allo stipendio tabellare del dirigente amministrativo, costituisce, inoltre parametro idoneo in relazione alle responsabilità connesse alla funzione che non può essere inferiore a quello di un dirigente.

Infatti, non sarebbe rispettosa dei principi costituzionali la previsione di una retribuzione per lo svolgimento di funzioni giurisdizionali parificata a quella di impiegati o commessi della pubblica amministrazione, considerando anche i rischi professionali connessi.

Sul punto, si ritiene necessario individuare il numero dei magistrati all’interno del ruolo organico, non potendo, questo essere affidato ad un provvedimento ministeriale.

La pianta organica viene proposta nella misura di 2.500 posti per la magistratura onoraria giudicante e 1.500 per la requirente in considerazione da un lato dell’aumento di competenza di questo magistrato e dall’altro dall’intervenuta soppressione degli uffici.

La fissazione dell’organico nella misura di complessivi 4.000 magistrati onorari è un onere finanziario sostenibile, sotto il profilo della retribuzione.

Un numero maggiore di magistrati onorari comporterebbe oltre alla non sostenibilità della spesa, ulteriori dei gravi problemi quali: 1) aumento del carico di lavoro per le cancellerie degli Uffici Giudiziari, per l’implementarsi degli adempimenti per ciascun magistrato; 2) specularmente, in ragione delle limitate risorse strutturali e di personale di cancelleria i singoli magistrati non avrebbero un numero di udienze sufficienti per garantire la pronta conclusione dei processi, e conseguente superamento dei parametri della Legge Pinto.

3.2. La quota variabile.

Suscita perplessità il sistema di pagamento in quota variabile, che non farebbe che aggravare le cancellerie di lavoro di ricerca, verifica e contabilizzazione della attività svolta, contraria al principio del buon andamento della pubblica amministrazione.

A legge delega ormai approvata, in ogni caso, si rileva che la misurazione su base annuale della indennità è iniqua, perché impone il decorso del tempo di oltre un anno dall’espletamento della attività giurisdizionale per il pagamento, soprattutto laddove i magistrati onorari, per ragioni di incompatibilità territoriale, sono costretti a viaggiare oltre circondario per l’esercizio della funzione.

Si suggerisce di provvedere alla liquidazione seguendo il sistema di rilevazione statistico su base almeno semestrale, quando addirittura trimestrale, o in alternativa, un sistema di anticipazione mensile della parte variabile, da conguagliare con cadenza annuale.

Per quanto riguarda la figura del Magistrato onorario requirente attesa la peculiare attività di questo, che non si traduce almeno nella maggior parte dei casi nella redazione di provvedimenti decisori, dei quali si dovrà tenere conto purché nel medesimo ufficio tale attività sia equamente ripartita per evitare diseguaglianze locali, i parametri di produttività andranno valutati in base a parametri oggettivi di attività procedimentale e processuale.

Né appare credibile, soprattutto in riferimento a sedi giudiziarie maggiori, un esame degli esiti dibattimentali, che ben potrebbero riflettere difformità di materie trattate e di prassi giurisprudenziali, un primo criterio oggettivo potrebbe essere quello quantitativo temporale dell’attività svolta, sia in ufficio che in udienza.

Per quanto riguarda il Magistrato onorario giudicante, atteso l’impegno e comunque l’impiego di tempo che richiedono, si chiede siano valutati, seppur in diversa misura, i provvedimenti decisori, sentenze e decreti e ordinanze, ma anche quelli interlocutori endoprocedimentali che danno impulso alle varie fasi del procedimento, come anche i decreti di liquidazione dei periti e avvocati.

3.3. Il trattamento fiscale unico per tutta la magistratura onoraria.

Occorre prevedere un unico trattamento fiscale per tutta la magistratura onoraria prevedendo espressamente che le indennità siano assimilate ai redditi di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50 co. 1 lett. f) del D.P.R. 917/1986, sostituendo “giudici di pace” con “magistrati onorari”.

Tale previsione comporterebbe una notevole semplificazione rispetto a quella attuale, poiché in questo modo la gestione delle retribuzioni di tutta la magistratura onoraria sarebbe accentrata presso la ragioneria territoriale dello Stato con le medesime modalità, evitando così le complicazioni amministrative, quali l’invio telematico della fattura per i magistrati onorari iscritti alla cassa e dotati di partita IVA, ciò che determina un notevole impiego di personale di cancelleria volto a controllare in più fasi i medesimi documenti, e ritardando notevolmente il pagamento.

Il pagamento automatico della quota fissa, alleggerirebbe notevolmente il personale di cancelleria, già ridotto numericamente, del relativo carico di lavoro, ciò siamo certi troverebbe anche nei relativi sindacati un sostenitore deciso.

Non si pone alcun problema di compatibilità con un sistema previdenziale proprio dei redditi di lavoro autonomo, stante l’autonomia delle posizioni reddituali e contributive.

In tal senso è il provvedimento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 07 agosto 2014 di approvazione della delibera n. 20 adottata dal Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense del 20 giugno 2014 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 192 del 20.08.2014) si precisa che: “In effetti il citato articolo 1 del Regolamento, intende regolamentare specifiche fattispecie, consentendo la contemporanea (e obbligata) iscrizione alla Cassa a quegli avvocati, iscritti all’Albo che esercitino anche altre libere professioni ccdd. tutelate, ovvero svolgano attività di lavoro subordinato compatibile con la professione forense, con netta separazione delle posizioni reddituali e contributive. Tale orientamento ermeneutico si ritiene trovi la legittima collocazione all’interno del panorama normativo segnato dalla Legge 335/1995 e dalle successive modifiche, integrazioni e interpretazioni autentiche, nonché del quadro giurisprudenziale della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione”.

 

3.4. Il regime transitorio: trattamento retributivo uguale per tutta la magistratura onoraria da applicarsi immediatamente.

Si ritiene necessario che il Governo non dia attuazione al comma 17 lett. b) dell’art. 2 della L. 52/2016 e preveda l’immediata entrata in vigore della categoria unica della magistratura onoraria, con lo stesso trattamento economico, così come sopra indicato ossia con la previsione dell’indennità fissa determinata nella misura pari allo stipendio tabellare annuo dei dirigenti (di I e II fascia) dell’organizzazione giudiziaria ossia ad Euro 43.310,93 per l’anno 2016 ([1]), al lordo delle imposte ed al netto della previdenza ed assistenza.

Considerando la situazione attuale del personale di magistratura onoraria, che si connota per un repentino depauperamento di risorse umane negli uffici dei giudici di pace ed un aumento di ingressi tra le fila dei giudici onorari di Tribunale, qualora si   darà attuazione al comma 17 lett. b) dell’art. 2 della L. 52/2016 si verificherà che, non potendo accogliere risorse umane provenienti dalle fila dei GOT, gli uffici dei giudice di pace, arricchiti anche delle nuove competenze, si paralizzeranno con negata giustizia per il cittadino. Al contrario, la persistenza del cospicuo numero di Got nei tribunali, con le sottratte competenze ai tribunali derivanti dalla attuazione completa della delega, determinerà l’impossibilità di utilizzo appieno degli stessi, aberrante situazione controbilanciata al contrario dal sicuro collasso dell’ufficio del giudice di pace.

Inoltre, se si eserciterà la delega sul punto, non troverà applicazione, nei primi quattro anni dall’entrata in vigore della riforma, la norma di cui all’art. 2 co. 5 lett. c) L. 52/16, che prevede la possibilità di applicare i Giudici Onorari di Pace al Tribunale (con un procedimento analogo a quello previsto dal previgente art. 111 R.D.12/1941) e, pertanto, non sarà possibile al Presidente del Tribunale di ovviare alle scoperture di organico con tale strumento, siano essi in servizio presso i Tribunali che presso gli Uffici del Giudice di Pace.

Tale situazione solo in parte potrà essere compensata dal superamento, per le norme transitorie, del limite dell’art. 43 bis dell’ordinamento giudiziario, e comunque ammesso dalla delega (art. 2 comma 17, lett. b) n.3).

E’ chiaro che, la mancata esecuzione della parte contestata della delega, con immediata entrata in vigore della categoria unica della magistratura onoraria, prevede altresì lo stesso trattamento economico per tutta la categoria unificata. Conseguentemente, prevedere per i primi quattro anni una diversa forma di retribuzione pur a regime unificato di status è incostituzionale per violazione dell’art. 3. Cost. Infine, occorre considerare che in questa fase la magistratura giudicante onoraria (nel suo complesso), dovrà essere impegnata a risolvere il problema dell’arretrato, per consentire alla riforma di espletare i suoi effetti.

 

 

II. Il sistema previdenziale

  1. L’analisi della normativa.

Il legislatore delegante in materia di previdenza ha delineato i seguenti criteri direttivi: “individuare e regolare un regime previdenziale e assistenziale compatibile con la natura onoraria dell’incarico, senza oneri per la finanza pubblica, prevedendo l’acquisizione delle risorse necessarie mediante misure incidenti sull’indennità” e che questa potrà consistere in forme volontarie di contribuzione previdenziale [cfr. art. 2 co. 13 lett. l) L. 52/16].

Tale principio va però interpretato alla luce del complesso quadro normativo ed in particolare dalla necessità di coordinare la norma in esame con i decreti delegati.

In tal senso l’art. 9 co. 2 della legge delega prevede espressamente la possibilità di disporre in sede di attuazione della delega ulteriori oneri finanziari, consentendo così al legislatore delegato di regolamentare un sistema previdenziale che non si ponga in contrasto con la normativa dell’Unione Europea e con la Carta Costituzionale [cfr. art. 9 co. 2 “i decreti legislativi di attuazione della delega prevista dalla presente legge devono essere corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura nonché per le norme di carattere previdenziale, delle ulteriori proiezioni finanziarie previste dall’art. 17 comma 7 della legge 31 dicembre 2009 n. 196”].

 

 

  1. Conclusioni sul sistema previdenziale.

2.1. Incostituzionalità di un sistema previdenziale ed assistenziale posto interamente a carico dell’amministrato.

Ad ogni attività lavorativa, svolta sia in forma subordinata che autonoma, deve corrispondere la necessaria copertura contributiva ed assicurativa, come previsto dal comma 2 dell’art. 38 della Costituzione della Repubblica Italiana, che non può essere posta a carico del lavoratore.

Il livello di civiltà di un paese passa anche dal riconoscimento di garanzie previdenziali e assicurative, di un lavoratore.

In particolare non è credibile che un paese come l’Italia, l’ottava economia mondiale, non possa garantire quello che è un diritto fondamentale del lavoratore, quale la previdenza a poco più di quattromila magistrati onorari.

 

2.2. Contrarietà alla normativa dell’Unione Europea di un sistema previdenziale posto interamente a carico del magistrato.

La previsione di un sistema previdenziale totalmente a carico dell’amministrato si pone in pieno contrasto con la normativa Europea si richiama sul punto la Sentenza della Corte di Giustizia nella causa C-393/10 del 01.03.2012 secondo cui: “Non si può quindi sostenere che i giudici a tempo pieno e i recorder non si trovino in una situazione comparabile a causa delle divergenze tra le loro carriere, dato che i secondi hanno sempre la possibilità di esercitare la professione forense. Decisiva è piuttosto la questione se essi svolgano sostanzialmente la stessa attività. A tal proposito, le parti interessate, compreso il governo del Regno Unito, hanno chiarito in udienza che i recorder e i giudici a tempo pieno esercitavano le stesse funzioni. Si è precisato, infatti, che il loro lavoro è identico, che si svolge nelle medesime giurisdizioni e nel corso delle stesse udienza” e “Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale va interpretato nel senso che osta a che, ai fini dell’accesso al regime della pensione di vecchiaia, il diritto nazionale operi una distinzione tra i giudici a tempo pieno e i giudici a tempo parziale retribuiti in base a tariffe giornaliere, a meno che tale differenza di trattamento sia giustificata da ragioni obiettive, che spetta al giudice del rinvio valutare”.

 

  1. La proposta delle Associazioni e l’assenza di oneri rilevanti per lo Stato.

In materia previdenziale, occorre prevedere la necessaria contribuzione dello Stato, nella misura di due terzi, non potendosi prevedere che le risorse vengano acquisite mediante misure incidenti integralmente sulle indennità.

Al riguardo si osserva che una simile previsione non comporterà un aggravio della situazione finanziaria dell’INPS peri seguenti motivi.

 

1) Le indennità dei Giudici di Pace e l’equiparazione ai redditi professionali per la Cassa Forense.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 192 del 20.08.2014 del provvedimento di approvazione della delibera n. 20 adottata dal Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense del 20 giugno 2014 è entrato in vigore in data 21 agosto il Regolamento di attuazione dei commi 8 e 9 dell’art. 21 della Riforma della Professione Forense.

Al comma 5 dell’articolo 1 del predetto Regolamento è stabilita l’obbligatorietà dell’iscrizione alla cassa “anche per gli iscritti agli Albi forensi che svolgano funzioni di Giudici di Pace, di Giudice Onorario di Tribunale e di Sostituto Procuratore Onorario di udienza. In tal caso, i contributi soggettivi ed integrativi saranno calcolati anche sulle indennità derivanti da tale incarico con modalità e termini stabiliti dal Consiglio di Amministrazione, fermo in ogni caso l’obbligo a corrispondere i contributi minimi”.

Conseguentemente, considerando che la quasi totalità dei Giudici di Pace in servizio e la totalità dei futuri Giudici di Pace, saranno avvocati, l’onere della gestione della previdenza di questi magistrati sarà della Cassa Forense.

 

2) Il conferimento dei contributi previdenziali ed assistenziali alle forme pensionistiche complementari.

Coloro che invece, non vorranno, o non potranno avvalersi della possibilità di cui sopra, potranno destinare le somme ad un Fondo Pensione, esercitando l’opzione in tal senso.

Lo ‘schema’ è analogo a quanto previsto per i dipendenti di aziende private per i quali il legislatore ha previsto la possibilità di esercitare l’opzione di destinare il TFR in azienda, all’Inps o ai Fondi Pensione di cui al D.lgs. 252/2005.

Infatti, a norma dell’art. 8 co. 7 lett. a) del D.lgs. 252/2005: “entro sei mesi dalla data di prima assunzione il lavoratore, può conferire l’intero importo del TFR maturando ad una forma di previdenza complementare dallo stesso prescelta; qualora, in alternativa, il lavoratore decida, nel predetto periodo di tempo, di mantenere il TFR maturando presso il proprio datore di lavoro, tale scelta può essere successivamente revocata e il lavoratore può conferire il TFR maturando ad una forma pensionistica complementare dallo stesso prescelta”.

La medesima disposizione potrà prevedersi per i magistrati onorari, non iscritti alla Cassa di Previdenza e di Assistenza Forense, consentendo di esercitare l’opzione di versare i contributi ad una forma pensionistica complementare, invece che alla Gestione Separata Inps liberi professionisti.

Sul punto occorrerà prevederne l’integrale deducibilità ai sensi dell’art. 10 co. 1 lett. e) del D.P.R. 917/1986 (con lo stesso trattamento fiscale previsto per i contributi versati alla Cassa Nazionale di Assistenza Forense ed alla Gestione Separata Inps liberi professionisti).

 

3) La Gestione Separata INPS dei liberi professionisti.

Conseguentemente, solo una minima parte deciderà di avvalersi della Gestione Separata Inps dei liberi professionisti di cui all’art. 2 comma 26 L. 335/95.

 

 

Unione Nazionale Italiana Magistrati Onorari                   La Confederazione Giudici di Pace

Il Direttivo                                                                    Il Direttivo Nazionale

 

 

[1] cfr. https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_29_4_2_6.wp