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Valido l’avviso di accertamento basato sui soli movimenti bancari

La Cassazione ha stabilito, con sentenza del 15 gennaio 2016, numero 545, che l’Agenzia delle Entrate può promulgare l’avviso di accertamento fondandolo sui soli movimenti bancari. Tale avviso di accertamento può essere impugnato dal contribuente laddove possa provare che tali movimentazioni bancarie non siano imputabili ad operazioni imponibili.

Questa decisione pone fine a una vicenda in cui l’Agenzia delle Entrate aveva notificato a un contribuente un avviso di accertamento per il recupero dell’Irpef. Avverso tale pretesa era stato opposto ricorso tributario che aveva, in commissione provinciale prima e in regionale poi, visto acclarare la ragione del contribuente, respingendo il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate per illegittimità del provvedimento fiscale. Tale decisione, soprattutto per quel che concerne i Giudici del secondo grado, è motivata dal mancato accertamento che l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto fare sulla provenienza delle somme registrate in entrata, invece di basarsi solo sulle movimentazioni bancarie evidenziate nel processo verbale redatto dalla Guardia di Finanza, oltretutto non considerando che, il contribuente, non aveva svolto, nell’anno in questione, alcuna attività lavorativa, e senza considerare che le entrate erano esclusivamente imputabili, così come dichiarato dalla parte, da un mutuo contratto dal contribuente e dalla moglie.

La suprema Corte ha invece ribaltato tale verdetto precisando che il ricorso dell’Agenzia delle Entrate era da accogliere per il fatto che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’Agenzia ha l’obbligo di dare per acclarato che i movimenti dei conti correnti effettuati dal contribuente siano sicuramente a lui imputabili senza che venga operata alcuna analisi particolareggiata sui singoli movimenti bancari. Nella logica dell’inversione dell’onere della prova è il contribuente che deve provare che i singoli movimenti bancari non siano imputabili a operazioni reddituali. Per questo motivo, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria, a seguito di verifica sulle movimentazioni bancarie, formuli delle contestazioni al contribuente, è onere di questi provare analiticamente che tali contestazioni non siano riferibili ad operazioni imponibili, ovvero il contribuente dovrà fornire all’organo accertatore la prova certa che ogni singola operazione bancaria sia totalmente estranea alla contestazione formulata.

Cav. Franco Antonio Pinardi

Segretario generale Confederazione Unitaria
Giudici Italiani Tributari – C.U.G.I.T.

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA CIVILE

MOTIVAZIONE SEMPLIFICATA
Oggetto: IRPEF – movimenti bancari – presunzione – prova liberatoria – onere
R.G.N. 22446/2009
Cron. 545
Ud. 01/10/2015

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SERGIO DI AMATO – Presidente –

Dott. CAMILLA DI IASI – Consigliere –

Dott. BIAGIO VIRGILIO – Consigliere –

Dott. ANTONIO GRECO – Consigliere –

Dott. EMILIO IANNELLO – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 22446/2009 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

  1. G.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 108/7/2007, depositata il 16/07/2008.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 1 ottobre 2015 dal Relatore Cons. Emilio Iannello;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. DEL CORE Sergio, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

In applicazione del decreto del Primo Presidente in data 22 marzo 2011, il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata:

RITENUTO IN FATTO

  1. Con sentenza n. 108/7/2007 la C.T.R. della Puglia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Bari 1, avverso la decisione di primo grado, con la quale era stato accolto il ricorso proposto da G. C. avverso avviso di accertamento notificatogli per recupero IRPEF relativa all’anno 2000.

La C.T.R. riteneva, invero, di condividere le allegazioni del contribuente e le conformi valutazioni del primo giudice, secondo cui il predetto non aveva svolto attività lavorativa alcuna nell’anno in considerazione, ed imputava all’amministrazione di avere fondato l’avviso di accertamento sulle sole movimentazioni bancarie risultanti da processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, senza spingersi ad accertare la provenienza delle somme registrate in entrata, relative – a detta del contribuente – ad un mutuo contratto con la propria consorte.

  1. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 41 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell’art. 2728 cod. civ., formulando conferente quesito di diritto.

L’intimato non ha svolto difese.

All’udienza ex art. 380-bis cod. proc. civ. del 9/11/2011 il procedimento è stato sospeso ai sensi dell’art. 39, comma 12, d.l. 6 luglio 2011, n. 98 e rinviato a nuovo ruolo.

Scaduti i termini di legge per la sospensione, il procedimento è stato fissato per l’udienza ex art. 377 cod. proc. civ..

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Preliminarmente va rilevato che la causa è pervenuta in decisione alla odierna udienza non risultando depositata presso la Cancelleria della Corte alcuna attestazione dell’Agenzia delle Entrate in ordine all’eventuale perfezionamento del procedimento di condono.

Ancora preliminarmente va rilevato che in atti risulta la regolare notifica della comunicazione di fissazione dell’udienza al difensore del C..

  1. Il motivo di ricorso è manifestamente fondato.

Ed invero, secondo il costante insegnamento di questa Corte, in tema di accertamento delle imposte sui redditi – fattispecie ricorrente nel caso concreto – la presunzione legale relativa posta dal Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 32, comma 1, vincola l’Ufficio finanziario ad assumere per certo che i movimenti bancari effettuati sui conti correnti intestati al contribuente siano a lui imputabili, senza che sia necessario procedere all’analisi delle singole operazioni. In tal caso, infatti, è posta a carico del contribuente – in virtu’ dell’inversione dell’onere della prova, connaturale alla natura di presunzione relativa, propria di quella in esame – la dimostrazione che dei movimenti bancari, a lui imputati, egli abbia tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta, o che dette movimentazioni dei conti non abbiano rilevanza alcuna allo stesso fine, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 32, comma 1, (cfr. Cass. Civ., Sez. 5, n. 18081 del 04/08/2010. Rv. 615112; Sez. 5, n. 7766 del 21/03/2008. Rv. 602662).

Pertanto, nell’ipotesi in cui l’accertamento sia effettuato dall’amministrazione – come nel caso di specie – sulla base delle verifiche di conti correnti bancari, è onere del contribuente, a carico del quale si determina la menzionala inversione dell’onere della prova, comprovare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili. Ed, a tal fine, il contribuente è chiamato a fornire una prova non generica, bensì analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate, seppure non considerata per la determinazione del reddito soggetto ad imposta, sia comunque estranea a fatti imponibili.

Per converso, l’onere probatorio dell’amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi desumibili dai conti predetti, alle cui risultanze – come detto – gli Uffici finanziari sono vincolati, in assenza di elementi di prova di segno contrario offerti dal contribuente (cfr., in tal senso, Sez. 5. n. 4589 del 26/02/2009. Rv. 606934: Sez. 5, n. 18081 del 2010, cit.).

Alla stregua di tali rilievi appare evidente, dunque, l’erroneità dell’impugnata sentenza, laddove fa carico all’amministrazione di avere fondato l’atto impositivo sulle mere risultanze delle movimentazioni bancarie, senza effettuare altresì ulteriori accertamenti.

  1. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.T.R. della Puglia in altra composizione per il riesame e la decisione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia in altra composizione per il riesame e la decisione anche per le spese del giudizio di legittimità.

 


 

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