Giurisprudenza

Uso del telefonino durante la guida senza auricolare e viva voce. La difficoltà ad appellarsi allo stato di necessità – Sentenza n. 11266 del 10 maggio 2010

Ente Giudicante: Corte di Cassazione
Procedimento: Sentenza n. 11266 del 10 maggio 2010

Uso del telefonino durante la guida senza auricolare e viva voce. La difficoltà ad appellarsi allo stato di necessità.

Il ricorrente impugna la sentenza del Giudice di Pace che aveva respinto il suo ricorso al verbale di accertamento degli agenti di Polizia Municipale che gli avevano contestato la violazione di cui all’articolo 173 del vigente Codice della Strada per aver circolato alla guida del proprio veicolo facendo uso di telefono cellulare non a viva voce e non dotato di auricolare.

Il trasgressore deduceva lo stato di necessità derivante dall’esigenza di informare immediatamente il proprio genitore, gravemente ammalato e che si trovava a casa, di prepararsi per essere accompagnato da un famigliare presso una struttura sanitaria al fine di eseguire degli esami diagnostici urgenti.

Nell’occasione, il Giudice di Pace respingeva l’opposizione ritenendo non sussistente lo stato di necessità.

Pollice verso anche da parte della Suprema Corte di Cassazione la quale, nella fattispecie in oggetto, ha affermato che “la situazione di pericolo, quando si riconnette all’alimentazione, alle cure mediche, ai medicinali, ecc., deve avere un carattere d’indilazionabilità e cogenza tali da non lasciare all’agente alternativa diversa dalla violazione della legge, in quanto la moderna organizzazione sociale, venendo incontro con i mezzi più disparati a coloro che possono trovarsi in pericolo di vita, per il non soddisfacimento dei predetti bisogni, ha modo di evitare altrimenti il possibile, irreparabile danno alla persona”.

In particolare, nella fattispecie, ha meglio specificato che “non può essere ritenuto sussistente lo stato di necessità, come scriminante dell’illecito, quando sussista la possibilità d’ovviare altrimenti al pericolo, onde, in tema di uso del telefono cellulare senza auricolare o viva voce durante la guida – per chiamare un medico in soccorso di un ammalato o, come nella specie, per organizzare il trasporto del malato ad un centro di cura – deve ritenersi che il conducente non possa invocare l’esimente ove non sia dimostrata l’impossibilità (e non la semplice difficoltà o scomodità) di ricorrere a mezzi leciti alternativi per provvedere all’opera di soccorso, quale il fermarsi a lato della strada per i pochi minuti necessari alla comunicazione.

Sentenza n. 11266 del 10/05/2010

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dai Sigg.ri magistrati:
dott. Giovanni SETTIMJ Presidente
dott. Stefano PETITTI Consigliere
dott. Ippolisto PARZIALE Consigliere rel.
dott. Pasquale D’ASCOLA Consigliere
dott. Carlo DE CHIARA Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al RGN 708-2007 avente ad oggetto “sanzioni amministrative” proposto da:

(…) elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato SPERATI RAFFAELE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato VADI VALENTINO, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GENOVA, in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DAPELO LIVIA, giusta deliberazione di Giunta Comunale e giusto mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5075/2005 del GIUDICE DI PACE di GENOVA, depositata il 21/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/11/2009 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito l’Avvocato Sperati Raffaele, difensore del ricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dr. FEDERICO SORRENTINO che si conferma le conclusioni scritte.

FATTO E DIRITTO

(…) impugna la sentenza del Giudice di Pace di Genova n. 5075 del 2005, depositata il 21 novembre 2005 e non notificata, che respingeva la sua opposizione a verbale di accertamento n. 0325866-87 con il quale la Polizia municipale del Comune di Genova gli aveva contestato la violazione all’articolo 173, secondo e terzo comma, del Codice della Strada per aver circolato alla guida del proprio veicolo facendo uso di telefono cellulare non a viva voce e non dotato di auricolare.

Come motivo di opposizione aveva dedotto lo stato di necessità derivante dall’esigenza di informare immediatamente il proprio padre, gravemente ammalato e che si trovava a casa, di prepararsi per essere accompagnato dal figlio presso una struttura sanitaria per effettuare degli esami diagnostici urgenti.

Il Giudice di Pace respingeva l’opposizione ritenendo non sussistente lo stato di necessità secondo la giurisprudenza prevalente.

Impugna tale decisione il ricorrente articolando un unico motivo di ricorso con il quale lamenta: «omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex articolo 360 n. 5, nonché travisamento del fatto e/o falsa applicazione dell’articolo 4 della legge 689 del 1981 e degli articoli 54 e 59 del codice penale». In particolare osserva il ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata «non consente di comprendere né quali circostanze fattuali siano state poste a fondamento della decisione, né quale sia stato il ragionamento seguito dal giudice al fine di escludere la sussistenza dello stato di necessità». Il giudice nella sua motivazione pur riconoscendo la necessità da parte dell’odierno ricorrente di avvertire immediatamente il padre per consentirne l’accompagnamento urgente presso la struttura sanitaria per effettuare gli esami strumentali necessari, non aveva valutato «il profilo strettamente connesso all’urgenza di giungere presso l’istituto al fine di non vanificare l’opportunità che si era presentata con conseguente grave pericolo per la salute del congiunto». Il Giudice di Pace non aveva considerato l’urgenza degli accertamenti clinici da espletare «difficilmente praticabili in altre circostanze di tempo e luogo, soprattutto a causa del deperimento organico e sofferenza psichica»del proprio padre.

Resiste con controricorso l’amministrazione intimata.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Attivatasi procedura ex art. 375 cpc, il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale conclude con richiesta di rigetto del ricorso.

Tale richiesta può essere accolta. Il ricorso è infondato e va respinto.

Del tutto correttamente il Giudice di Pace non ha ritenuto applicabile al caso di specie l’esimente dello stato di necessità, che è stata invocata ma non provata e che comunque, così come dedotta, non risultava integrare alcuna delle cause di esclusione della responsabilità indicate dall’art. 4 della legge 689 del 1981.

Al riguardo questa Corte ha ripetutamente affermato che, ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno delle cause d’esclusione della responsabilità in tema di sanzioni amministrative, previste dall’art. 4 della legge n. 689 del 1981, in mancanza d’ulteriori precisazioni, occorre fare riferimento alle disposizioni che disciplinano i medesimi istituti nel diritto penale e segnatamente, per quanto concerne lo stato di necessità, all’art. 54 CP (Cass. 1985 n. 5710; 1989 n. 3961; 1993 n. 5866 in motivazione; 1999 n. 4710; 2000 n. 9254; 2003 n. 3254, 2004 n. 5877); si è, altresì, ritenuto che sia idonea ad escludere la responsabilità anche la supposizione erronea degli elementi concretizzanti lo stato di necessità, e cioè di una situazione concreta che, ove esistente realmente, integrerebbe il modello legale dello stato di necessità, in quanto l’art. 3, secondo comma, della L 689/81 esclude la responsabilità quando la violazione è commessa per errore sul fatto, ipotesi questa nella quale rientra anche il semplice erroneo convincimento della sussistenza d’una causa di giustificazione, il cui onere probatorio, tuttavia, grava su colui che invochi l’errore (Cass. 1985 n. 4710; 1993 n. 5866; 1999 n. 4710, la quale fa discendere l’ammissibilità, anche in tema d’illecito amministrativo, delle esimenti putative dall’art. 59 CP, a norma del quale “se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui”). Puntualizzando, peraltro, in sede penale, che, ove l’imputato deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell’operatività di un’esimente reale o putativa, è su di lui che incombe l’onere di provarne la sussistenza, non essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di qualsiasi sussidio probatorio, e l’allegazione da parte dell’imputato dell’erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi, non già su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d’animo dell’agente, bensì su dati di fatto concreti, i quali siano tali da giustificare l’erroneo convincimento in capo all’imputato di trovarsi in tale stato (Cass. Pen. 2003 n. 28325).

In particolare, la situazione di pericolo, quando si riconnette all’alimentazione, alle cure mediche, ai medicinali, ecc., deve avere un carattere d’indilazionabilità e cogenza tali da non lasciare all’agente alternativa diversa dalla violazione della legge, in quanto la moderna organizzazione sociale, venendo incontro con i mezzi più disparati a coloro che possono trovarsi in pericolo di vita, per il non soddisfacimento dei predetti bisogni, ha modo di evitare altrimenti il possibile, irreparabile danno alla persona (Cass. Pen. 16.4.87 n. 4818).

Ne consegue che non può essere ritenuto sussistente lo stato di necessità, come scriminante dell’illecito, quando sussista la possibilità d’ovviare altrimenti al pericolo, onde, in tema di uso del telefono cellulare senza auricolare o viva voce durante la guida – per chiamare un medico in soccorso di un ammalato o, come nella specie, per organizzare il trasporto del malato ad un centro di cura – deve ritenersi che il conducente non possa invocare l’esimente ove non sia dimostrata l’impossibilità (e non la semplice difficoltà o scomodità) di ricorrere a mezzi leciti alternativi per provvedere all’opera di soccorso, quale il fermarsi a lato della strada per i pochi minuti necessari alla comunicazione; ciò che, nella specie, non poteva comportare, obiettivamente, alcun considerevole ritardo con effetti quoad vitam nei confronti del malato.

Il giudice a quo si è correttamente attenuto a tali principi, in quanto ha escluso che ricorresse, nella specie, la necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale ed immediato di un danno grave alla persona con l’unico mezzo della commissione dell’illecito ed ha evidenziato come lo stato di necessità postuli che il pericolo sia presente quando il soggetto agisce ed, inoltre, sia imminente il danno che ne possa derivare, non potendosi configurare l’esimente in questione in relazione ad un danno futuro, tanto più quando, come nel caso in esame attinente al trasporto d’un ammalato ad un centro di terapia, il pericolo quoad vitam nel ritardo, pur ammesso che fosse stato dimostrato, possa essere ovviato con soluzioni lecite alternative a quella che comporta, invece, la commissione dell’infrazione sanzionata dalla legge.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 400,00 euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 30 novembre 2009

Depositato in cancelleria il 10 mag. 2010