Giurisprudenza

La giurisdizione in tema di fermo amministrativo – Sentenza n. 10672 del 11 maggio 2009

Ente Giudicante: Corte di Cassazione
Procedimento: Sentenza n. 10672 del 11 maggio 2009

La giurisdizione in tema di fermo amministrativo

(di Salvatore Gallo)

Il preavviso di fermo è atto che si colloca all’interno di una sequela procedimentale finalizzata ad assicurare la tutela del credito erariale e che è destinato a produrre effetti lesivi nella sfera patrimoniale del contribuente, sicché esso deve essere considerato atto autonomamente impugnabile al pari del fermo amministrativo.

Corte di Cassazione, sent. n. 10672 dell’11 maggio 2009, Pres. Carbone, rel. Botta

1. Evoluzione normativa

La sentenza n. 10672 dell’11/5/2009 della Corte di Cassazione si inserisce nel novero delle numerose sentenze che sono state emesse in tema di applicazione della normativa sul fermo amministrativo di mobili registrati nonché sul relativo “preavviso di fermo”, dando adito, però, a incertezze e perplessità di non poco conto.

Al riguardo va ricordato anzitutto che una forma di fermo amministrativo è stata introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento con l’art. 69, ultimo comma, del R. D. 18/11/1923, n. 2440, in materia di contabilità generale dello Stato, mentre l’ipotesi dei beni mobili registrati è stata introdotta con l’art. 1, comma 4, lett. e) del D.L. 31/12/1996, n. 669, convertito con modificazioni nella legge 28/2/1997, n. 30, che ha aggiunto l’art. 91 bis del Dpr 29/9/1973, n. 602, anche se la disciplina di quest’ultimo articolo è stata poi sostanzialmente trasfuso nell’art. 86 dello stesso Dpr n. 602/1973 per effetto dell’art. 16 del D. Lgs. n. 46/1999, che ha sostituto con l’intero titolo II del citato Dpr n. 602 anche il capo III, recante “Disposizioni particolari in materia di espropriazione dei beni mobili registrati”. Detto art. 86, al comma 1 è stato poi così sostituito dall’art. 1, c. 2, del D. Lgs. 27/4/2001, n. 193, che così recita: “Decorso inutilmente il termine di cui all’art. 50, comma 1, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ad alla regione di residenza”.

E’ bene ricordare poi che un’altra ipotesi di fermo amministrativo è quella prevista dal codice della strada approvato con D. Lgs. 30/4/1992, n. 285 e successive modifiche, il quale stabilisce che il fermo è applicabile per alcune violazioni per le quali, in sede di constatazione, l’organo di polizia competente provvede direttamente a far cessare la circolazione del veicolo.

In ordine alla natura del fermo in esame, mette conto rilevare che il fermo ai fini fiscali non ha natura di sanzione amministrativa e si risolve nella sola imposizione di un vincolo negativo sul diritto di godimento del bene, a differenza del fermo disciplinato dal codice della strada che ha natura di sanzione amministrativa per una violazione stradale.

Il fermo fiscale ha piuttosto una funzione prettamente coercitiva sui beni del debitore nel senso che va a scalfire direttamente la sfera giuridico patrimoniale del destinatario, privando quest’ultimo del suo diritto di libero e pieno godimento del bene. E di ciò si ha conferma ove si consideri che l’istituto in esame è stato collocato nel Dpr n. 602/1973 nell’ambito delle disposizioni che ne regolano l’esecuzione forzata e precisamente nel titolo II, intitolato “Riscossione coattiva” – capo III “Disposizioni particolari in materia di espropriazione di beni mobili registrati”.

Non mancano peraltro gli studiosi i quali ritengono che l’istituto del fermo si configura piuttosto come una misura cautelare “atipica”, provvista di efficacia esecutiva, a contenuto inibitorio provvisorio, intesa a garantire all’Amministrazione interessata la concreta possibilità di soddisfare la pretesa del proprio credito. Secondo tale assunto si tratta, dunque, di un provvedimento provvisorio e cautelare diretto a tutelare una ragione di credito del Fisco nei confronti di un contribuente limitando la disponibilità ed il godimento da parte dello stesso di un bene di cui è titolare. E’ appena il caso di aggiungere che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2053 del 31/1/2006, ha affermato che il fermo amministrativo di beni mobili registrati del debitore d’imposta è preordinato quale atto funzionale all’espropriazione forzata e quindi quale mezzo di realizzazione del credito.

2. La competenza sulle controversie relative al fermo

Il legislatore, con decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, all’art. 35, comma 26 quinquies, ha stabilito che la competenza sulle controversie relative al fermo dei beni mobili registrati, quindi compresi gli autoveicoli, e all’iscrizione di ipoteca sugli immobili, spetta alle commissioni tributarie. Più precisamente, detta novella ha ampliato la predeterminazione normativa degli atti autonomamente impugnabili davanti alle Commissioni tributarie contenuta nel primo comma dell’art. 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, inserendovi alla lettera e ter) anche il “fermo dei beni mobili registrati” di cui all’art. 86 del Dpr 29/9/1973, n. 602 e alla lettera e-bis) “l’iscrizione di ipoteca sugli immobili”, prevista dall’articolo 77 dello stesso decreto.

Si tratta certamente di un’innovazione che merita di essere valutata positivamente ma occorre precisare subito che, se è vero che la nuova disposizione consente l’impugnazione del fermo dei beni mobili registrati davanti al giudice tributario, nondimeno tal gravame è possibile solo a condizione che i crediti garantiti dalla misura del fermo rientrino nella giurisdizione delle Commissioni tributarie così come delimitata dall’art. 2 del decreto legislativo n. 546/199 a seguito della modifica apportata dal decreto legge 30/9/2005, n. 203, convertito dalla legge 2/12/2005, n. 248. Al riguardo mette conto osservare che l’art. 3 bis di detto D.l. 203/2005, nel rimettere mano all’art. 2 del decreto legislativo n. 546/1992 (peraltro già novellato dall’art. 12, comma 2, della legge 8 dicembre 2001, n. 488) ritoccandone i commi 1 e 2, in particolare ha aggiunto alla formula “tributi di ogni genere e specie” le parole “comunque denominati” e ha precisato“compresi quelli regionali, provinciali e comunali, il contributo per il servizio Sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio”.

La stessa disposizione ha poi elencato una serie di altre controversie di competenza delle Commissioni tributarie ma prima ha chiarito che “restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’art. 50 del Dpr 29/9/1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica”.

In ordine alla giurisdizione sul fermo di beni mobili registrati occorre comunque precisare che allo stato attuale si avverte un aperto contrasto nelle Commissioni tributarie circa i limiti della competenza del giudice tributario, atteso che secondo alcuni giudici tributari detta giurisdizione andrebbe estesa a tutte le ipotesi di fermo, indipendentemente dalla natura della pretesa creditoria; mentre altri hanno sostenuto che essa va limitata soltanto alle pretese tributarie. E siffatto assunto emerge chiaramente dalla sentenza n. 91/06/08 del 9/7/2008 della C.T.P. di Treviso, nella quale è detto che in caso di controversia concernente l’applicazione dell’iscrizione di ipoteca sui beni del contribuente ai sensi dell’art. 77 del Dpr n. 602/1973, a garanzia dei propri crediti di diversa natura, tributaria e non, il giudice tributario adito dovrà separare le cause trattenendo quelle per le quali egli ha giurisdizione e rimettendo la restante parte relativa ai crediti non di natura tributaria al giudice ordinario.

Assai significativo è, però, al riguardo l’orientamento oscillante della Corte di Cassazione la quale, in un primo momento, con la sentenza a sezioni unite n. 2053 dell’11/1/2006, avendo ritenuto il fermo un atto del processo di esecuzione esattoriale in quanto preordinato all’espropriazione forzata, ha creduto di riconoscere la cognizione del fermo di spettanza del giudice ordinario.

Siffatta tesi non ha trovata adesione nel Consiglio di Stato il quale con ordinanza n. 2032 del 13/4/2006 della sezione VI ha definito il fermo in esame una misura cautelare, espressione di autotutela dell’Amministrazione finanziaria, a garanzia della riscossione di un credito; dal che consegue che, in tal caso, come ha sostenuto in altre occasioni la Corte di Cassazione (vedi sentenze n. 12104 del 23/11/1995 e n. 1733 (a ss. uu.) del 7/2/2002), viene in evidenza, ai fini della tutela giudiziaria, la distinzione tra contestazioni attinenti la sussistenza del potere autoritativo dell’Amministrazione pubblica capace di comprimere e degradare il diritto altrui per scopi istituzionali e contestazioni relative alla legittimità dell’atto emanato. Ne deriva allora che la controversia, se è promossa per ottenere la tutela di un diritto soggettivo, appartiene alla cognizione del giudice ordinario o del giudice speciale avente giurisdizione sulla materia quale può essere il giudice tributario; invece, se la controversia è promossa per far valere i vizi del provvedimento ai fini di un suo annullamento, trattandosi di una posizione di interesse legittimo la giurisdizione è devoluta al giudice amministrativo.

In questo senso, del resto, si era espressa anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 204 del 6/7/2004 con la quale è stato riconosciuto che per le controversie in materia di contributi previdenziali ed assistenziali, pure di natura tributaria, la tutela del diritto soggettivo deve essere fatta valere dinanzi al giudice ordinario per espressa previsione degli artt. 442 e 444 c.p.c, mentre le questioni di legittimità del provvedimento di fermo che, in quanto attinenti a posizioni soggettive di interesse legittimo, esulano dalla giurisdizione ordinaria, sono devolute alle Commissioni tributarie aventi giurisdizione su di esse in materia tributaria.

Sempre in tema di fermo di beni mobili registrati la Corte di cassazione a sezioni unite con la sentenza n. 3171 del 18/12/2007 ha ammesso che possono essere attribuite ai giudici tributari quelle controversie che riguardino “atti neutri”, cioè utilizzabili a sostegno di qualsiasi pretesa patrimoniale (tributaria o no) della mano pubblica.

Così, la legge n. 248/2006 ha inserito fra gli atti elencati nell’art. 19 del D. Lgs. n. 546/1992, ed impugnabili davanti alle Commissioni tributarie:

– e bis) l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602 e successive modificazioni;

– e ter) il fermo dei beni mobili registrati di cui all’art. 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 e successive modificazioni.

Questa attribuzione al giudice tributario è stata compiuta in considerazione del fatto che si discute di misure collocate all’interno del sistema della esecuzione esattoriale e di matrice tributaristica, cui il legislatore ha ritenuto di dover fare ricorso per facilitare la riscossione anche di entrate non tributarie. Ed il relativo contenzioso riguarda questioni attinenti alla regolarità formale e sostanziale della misura adottata; non alla fondatezza della pretesa che ha dato luogo al provvedimento di fermo ed alla iscrizione di ipoteca (dal momento che questa fondatezza deve già essere stata accertata con atti definitivi).

3. La giurisdizione tributaria del preavviso di fermo

Per quanto riguarda il preavviso del fermo amministrativo, si tratta di un atto prodromico con il quale il contribuente viene avvertito che, trascorsi venti giorni dalla scadenza del termine per pagare la somma indicata nella cartella di pagamento, si procederà all’iscrizione del fermo amministrativo; esso è dunque un atto a formazione progressiva, ma la giurisprudenza non si è mostrata in passato concorde nel sostenerne l’impugnabilità davanti alla Commissione tributaria.

Così la C.T.P. di Pisa, con la sentenza n. 196/02/08 del 10/3/2008 ha affermato che l’elencazione dell’art. 19 del D. Lgs. n. 546/1992, pur non comprendendo tra gli atti impugnabili il preavviso di fermo, deve essere interpretata sulla base di criteri sostanziali e, quindi, essere soggetta ad interpretazione estensiva.

“Si deve ritenere, infatti, che sono impugnabili tutti gli atti in cui l’Amministrazione esprime una pretesa definita e non condizionata. Nell’ambito del preavviso occorre distinguere tra preavvisi di accertamento o di cartella esattoriale e preavvisi di riscossione. Se l’Amministrazione, come accade per gli avvisi di bonari che precedono la cartella, comunica al contribuente di aver ipotizzato una certa pretesa e lo invita a fornire spiegazioni e giustificazioni e quant’altro possa indurla a mutare opinione, siamo di fronte ad un preavviso di atto impositivo che si deve ritenere non impugnabile. Se, invece, gli comunica una pretesa definitiva invitandolo a pagare per evitare gli atti esecutivi, siamo di fronte ad un atto di preavviso impugnabile. Nel caso del c. d. preavviso di fermo siamo di fronte ad un vero e proprio atto di applicazione del fermo in cui si lascia solo un breve spazio temporale al contribuente non per contro dedurre ma solo per pagare. Nell’avviso in questione si comunica che è (non sarà) attivata la procedura di fermo e si prospetta come unica possibilità perché il fermo non sia eseguito il pagamento entro 20 giorni o l’annullamento del titolo da parte dell’ente creditore. Quindi il concessionario non accetta alcun contraddittorio. Pertanto, non è possibile l’equiparazione con l’avviso bonario che, come detto, non è impugnabile perché preordinato al dialogo preventivo con il contribuente prima dell’emissione dell’atto impositivo. Per quanto fin qui detto, il preavviso di fermo costituisce un atto autonomamente impugnabile davanti al giudice tributario essendo un provvedimento ad efficacia diretta nella sfera giuridica del contribuente”.

Dello stesso avviso si è mostrata anche la C.T.P. di Reggio Emilia con la sentenza n. 272/02/08 del 14/11/2008, sostenendo che la comunicazione di preavviso al contribuente dell’adozione della misura cautelare del provvedimento di fermo ai beni mobili costituisce atto impugnabile immediatamente in quanto suscettibile di ledere la sfera giuridica del destinatario. Ne deriva che sia la regolare notificazione della sottostante cartella esattoriale sia la corretta formulazione del preavviso di fermo con le necessarie informazioni quali l’indicazione del responsabile del procedimento, la sottoscrizione e le modalità e termini di impugnativa dell’atto medesimo, sono presupposti indispensabili per disporre le misure di autotutela cautelare che abbia piena legittimità. Di avviso contrario si è espressa, invece, la C.T.P. di Roma che con la sentenza n. 258/45/07, poi confermata in appello dalla C.T.R. del Lazio con la sentenza n. 46/36/09 del 2/3/2009, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in ordine al ricorso avverso il preavviso di fermo nella considerazione che tale atto non incide nella sfera giuridica del destinatario. E nello stesso senso si è espressa la citata C.T.R. con le sentenze n. 42/14/09 del 17/2/2009 e n. 91/16/09 del 18/3/2009. Ma ancora la C.T.P. con successiva sentenza n. 10/23/08 del 30/1/2008 ha riconosciuto la propria competenza ed ha annullato un preavviso di fermo osservando che siffatto provvedimento “preannunzia l’iscrizione al PRA senza ulteriore comunicazione e si risolve in una sorta di solve et repete”. Avverso detta sentenza l’Ente concessionario della riscossione in sede di appello ha sostenuto che “il preavviso di fermo non costituisce un atto di esecuzione, cioè l’iscrizione del fermo, ma soltanto una lettera ricognitiva, un invito bonario al pagamento” e come tale non può rientrare tra gli atti autonomamente impugnabili dinanzi al giudice tributario.”

La C.T.R. del Lazio, però, con la sentenza n. 56/29/09 dell’11/3/2009, disattendendo il precedente orientamento, ha integralmente confermato la sentenza appellata e, con una motivazione puntuale e ben argomentata ha affermato che “ilpreavviso di fermo deve ritenersi un atto autonomamente impugnabile perché già di per sé idoneo a spiegare effetti pregiudizievoli ed a ledere la sfera giuridica e patrimoniale del contribuente, il quale deve avere la facoltà di chiedere immediata tutela giurisdizionale dei suoi diritti”.

Più precisamente, la C.T.R. del Lazio è pervenuta a questa conclusione sulla base delle seguenti considerazioni: il legislatore all’art. 19 del D. Lgs. n. 546/1992, includendo tra gli atti impugnabili “il fermo” (lettera e) ter) e non la sua iscrizione, ma specificando alla lettera e) bis che è impugnabile “l’iscrizione di ipoteca”, ha inteso prevedere la possibilità di impugnare non soltanto l’iscrizione del fermo ma anche gli atti di formazione e comunicazione della relativa procedura, sicché non v’è dubbio che il preavviso, così come formulato, costituisce un atto di comunicazione e di formazione del fermo cautelare, come tale autonomamente impugnabile.

Ed a supporto di questa tesi, nella sentenza su citata si legge testualmente: “La stessa comunicazione di preavviso reca sul retro la dicitura che avverso il presente atto è ammesso il ricorso. L’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 2 del 9/1/2006 comunicava l’opportunità che l’iscrizione del fermo fosse preceduta da un preavviso e che decorsi i venti giorni “il preavviso stesso assumerà il valore di iscrizione di fermo(!). Siffatta risoluzione dell’Agenzia non potrebbe derogare all’art. 4 del regolamento attuativo (D.M. n. 503/1998) che prevede la comunicazione al contribuente entro cinque giorni dell’avvenuta esecuzione del fermo, ma non può negarsi che si sia consolidata la prassi di far assumere al preavviso il valore di comunicazione della iscrizione, trascorso un esiguo margine di tempo”.

4. Conclusione

Sulla scorta di quanto fin qui esposto anzitutto con riguardo alla natura del fermo amministrativo di beni mobili, su cui si è molto discusso in passato, allo scopo si stabilire a chi attribuire ed in quali casi la giurisdizione relativa, e cioè se al giudice ordinario, a quello tributario o a quello amministrativo, è lecito ora affermare che detto provvedimento ha natura di misura cautelare quale espressione di un potere di autotutela dell’Amministrazione finanziaria, a garanzia della riscossione di un credito. Esso produce l’effetto di impedire la circolazione del bene e di rendere in opponibili al fisco creditore gli atti di disposizione dello stesso, analogamente a quanto si verifica per il sequestro conservativo, con la particolarità, però, che mentre quest’ultimo atto richiede l’intervento del giudice, la misura del fermo viene disposta solo in virtù di un atto dello stesso concessionario della riscossione.

Per quanto riguarda la tutela giudiziaria, le controversie concernenti tale misura cautelare, se questa è stata disposta per una pretesa che rientri nella materia attribuita al giudice tributario, tutte le questioni che riguardano la sussistenza del potere autoritativo esercitato dall’Amministrazione e la legittimità del provvedimento appartengono alla cognizione delle Commissioni tributarie, essendo ormai questa estesa a tutte le situazioni soggettive senza più la necessità di distinguere tra situazioni caratterizzate come diritti soggettivi o come interessi legittimi. Solo per i fermi disposti per materie diverse da quella tributaria deve essere invocata la giurisdizione del giudice ordinario o amministrativo secondo la situazione soggettiva fatta valere.

Infine, anche il “preavviso di fermo” che costituisce il primo atto di un procedimento a formazione progressiva diretto alla tutela del credito erariale e destinato a produrre in maniera differita effetti gravemente lesivi della sfera patrimoniale del contribuente debitore, deve essere considerato autonomamente impugnabile innanzi al giudice tributario al pari del fermo amministrativo.

Sent. n. 10672 dell’11 maggio 2009

(ud. Del 7 aprile 2009) della Corte Cass. SS.UU. Civ. – Pres. Carbone, Rel. Botta

Riscossione – Riscossione coattiva – Misure cautelari – Fermo amministrativo – Preavviso – Notificazione – Natura – Atto Impugnabile – Devoluzione – Giurisdizione tributaria – Art. 86, D.P.R. n. 602/1973

Il c.d. “preavviso di fermo” costituisce parte integrante di una sequenza procedimentale finalizzata all’adozione della misura cautelare nei confronti del contribuente al quale, anteriormente all’iscrizione dell’atto nel pubblico registro, viene anticipato il contenuto della determinazione dell’Agente della riscossione. Mutatis mutandis, il preavviso di fermo assolve alla medesima funzione svolta dall’avviso di mora, conseguendo natura di atto impugnabile, ben potendo – fra l’altro – essere il primo atto formalmente comunicato al contribuente circa la sussistenza di una pretesa erariale avanzata dall’Amministrazione finanziaria ed avverso la quale ha diritto di resistere.

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale l’elencazione contenuta nell’art. 19, D.Lgs. n. 546/1992 non rappresenta ulteriormente un numerus clausus in quanto deve ritenersi impugnabile avanti alla giurisdizione tributaria ogni atto, indipendentemente dalla forma o denominazione, che rechi una pretesa nei confronti del destinatario deducendo la sussistenza di un rapporto giuridico d’imposta suscettibile pertanto di far insorgere nel destinatario l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. spiegando le proprie difese davanti al giudice naturale.

Svolgimento del processo

La controversia concerne l’impugnazione di un preavviso di fermo amministrativo di una autovettura comunicato al contribuente dal concessionario G. S.p.A. a seguito del mancato pagamento di cartelle esattoriali relative ai contributi dovuti al Consorzio di B.U.F.F. di Pisa per gli anni dal 1994 al 1999. L’azione era proposta innanzi al Giudice di Pace di Pisa, che, su istanza della parte, sospendeva il minacciato fermo amministrativo: tanto l’esattore che l’ente impositore contestavano, nel costituirsi in giudizio, 1’impugnabilità del preavviso, sostenendo che solo l’eseguito fermo avrebbe potuto costituire oggetto di impugnazione.

Il contribuente, al fine di risolvere ogni dubbio, ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione innanzi a queste Sezioni Unite, chiedendo che venga determinata a quale giudice spetti la giurisdizione nell’ipotesi di impugnazione del preavviso di fermo amministrativo. Né l’esattore,  né l’ente impositore si sono costituiti in giudizio.

Motivazione

Al quesito posto dal ricorrente – a quale giudice spetti la giurisdizione in una controversia che    concerna l’impugnazione di un preavviso di fermo amministrativo ex art. 8 6, D.P.R. n. 602 del 1973 – queste Sezioni Unite hanno già dato una risposta (indiretta) con l’ordinanza n. 14831 del 2008, pronunciata in una fattispecie nella quale oggetto di impugnazione era, come nel caso in esame, un preavviso di fermo amministrativo.

Nella richiamata ordinanza, nella quale, tuttavia, il tema della impugnabilità del preavviso di fermo non è stato affrontato direttamente, è stato affermato il seguente principio di diritto: «Il giudice tributario innanzi al quale sia stato impugnato un provvedimento di fermo di beni mobili registrati ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, deve accertare quale sia la natura – tributaria o non tributaria – dei crediti posti a fondamento del provvedimento in questione, trattenendo, nel primo caso, la causa presso di sé, interamente o parzialmente (se il provvedimento faccia riferimento a crediti in parte di natura tributaria e in parte di natura non tributaria), per la decisione del merito e rimettendo, nel secondo caso, interamente o parzialmente, la causa innanzi al giudice ordinario, in applicazione del principio della translatio iudicii. Allo stesso modo deve comportarsi il giudice ordinario eventualmente adito. Il debitore, in caso di provvedimento di fermo che trovi riferimento in una pluralità di crediti di natura diversa, può comunque proporre originariamente separati ricorsi innanzi ai giudici diversamente competenti».

Nel caso di specie si tratta sicuramente di materia tributaria essendo l’atto impugnato relativo ad una pretesa di contributi consortili e sul punto queste Sezioni Unite hanno stabilito che: «I contributi spettanti ai consorzi di bonifica ed imposti ai proprietari per le spese di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario, rientrano nella categoria generale dei tributi, con la conseguenza che la domanda di restituzione delle somme versate a tale titolo, proposta dopo il primo gennaio 2002, è devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie,   in applicazione dell’art. 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo modificato dall’art. 12    della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il quale ha esteso la giurisdizione tributaria a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie» (Cass. S.U. n. 10703 del 2005).

Vi è altro, tuttavia, su cui occorre ragionare, sia in relazione alla circostanza che nel caso di specie l’azione sia stata introdotta anteriormente all’entrata in vigore della modifica apportata all’art.19, D.Lgs. n. 546 del 1992 dall’art. 35, comma 25-quinquies, D.L. n. 223 del 2006, che ha collocato tra gli atti impugnabili innanzi al giudice tributario anche il fermo ex art.86, D.P.R. n. 602 del 1973, sia in relazione al fatto che nel caso di specie l’atto impugnato sia costituito dal preavviso e non da un già eseguito fermo amministrativo.

Orbene nella richiamata ordinanza n. 14831 del 2008, queste Sezioni Unite avevano ritenuto che, alla luce della modifica introdotta all’art. 19» D.Lgs. n. 546 del 1992, dall’art, art. 35, comma 26-quinquies, D.L. n. 223 del 2006 (convertito con modificazioni con L. n. 248 del 2006), non potesse essere mantenuta l’esegesi anteriormente proposta dalle medesime Sezioni Unite (ord. nn. 2053 e 14701 del 2006), secondo cui la giurisdizione sul fermo amministrativo spettava al giudice ordinario essendo tale atto «preordinato all’espropriazione forzata, atteso che il rimedio, regolato da norme collocate nel titolo II sulla riscossione coattiva delle imposte, si inserisce nel processo di espropriazione forzata esattoriale quale mezzo di realizzazione del credito». Questa esegesi, hanno affermato le Sezioni Unite nell’ordinanza n. 14831 del 2008, «non può oggi essere mantenuta di fronte alla chiara volontà del legislatore di escludere il fermo di beni mobili registrati dalla sfera tipica dell’espropriazione forzata, rafforzando l’idea, da alcuni sostenuta, che l’adozione dell’atto in questione si riferisca ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, che nel D.P.R. n. 602 del 1973, trova la propria tipizzante disciplina nel capo II del titolo II (mentre la disciplina del fermo di beni mobili registrati, non a caso, sarebbe dettata nel capo III, del medesimo titolo)».

Queste conclusioni, che danno corpo ad una valenza non solo innovativa, ma anche (e prima ancora) interpretativa delle modifiche normative disposte con l’art.35, comma 25-quinquies, D.L. n. 223 del 2006, potrebbero ritenersi risolutive nel caso di specie a superare il dubbio che, essendo stata la causa introdotta anteriormente alla richiamata modifica dell’art. 19, D.Lgs. n. 546 del 1992, debba essere confermata la giurisdizione del giudice ordinario effettivamente adito: se il fermo amministrativo non è, come sembra invero più giusto ritenere anche in relazione alla collocazione “topografica” di tale atto nel sistema normativo, un atto dell’espropriazione forzata, ma un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, allora deve escludersi la giurisdizione del giudice ordinario che, in materia tributaria, ha giurisdizione relativamente alle sole controversie attinenti alla fase dell’esecuzione forzata.

Ma vi è un ulteriore elemento da considerare: la circostanza che nel caso di specie oggetto dell’impugnazione sia un preavviso di fermo amministrativo, la cui impugnabilità è, peraltro, il nucleo centrale della controversia. Il preavviso di fermo è stato istituito dall’Agenzia delle Entrate con nota n. 57413 del 9 aprile 2003, disponendo che i concessionari, una volta emesso il provvedimento di fermo amministrativo dell’auto, ma prima di procedere alla iscrizione del medesimo, comunichino al contribuente moroso – che non abbia cioè provveduto a pagare il dovuto entro i sessanta giorni dalla notifica della cartella – un avviso ad adempiere al debito entro venti giorni, decorsi i quali si provvedere a rendere operativo il fermo. La richiamata nota dell’Agenzia delle Entrate dispone, inoltre, che nell’ipotesi di persistente inadempimento, il preavviso «vale,, ai sensi dell’art. 4, comma 1, secondo periodo, del D.M. 7 settembre 1998, n. 503 (il quale resta applicabile, giusta la disposizione di cui all’art.3, comma 41, D.L. n. 203 del 2005, convertito con modificazioni con L. n. 248 del 2005, fino all’emanazione del decreto ministeriale previsto dal comma 4 dell’art. 86, D.P.R. n. 602 del 1973, in ordine alle procedure per l’esecuzione del fermo amministrativo), come comunicazione di iscrizione del fermo a decorrere dal ventesimo giorno successivo». Sicché il preavviso è sostanzialmente l’unico atto mediante il quale il contribuente viene a conoscenza della esistenza nei suoi confronti di una procedura di fermo amministrativo dell’autoveicolo.

Come è evidente il preavviso si colloca all’interno di una sequela procedimentale – emanazione del provvedimento di fermo, preavviso, iscrizione del provvedimento emanato – finalizzata ad assicurare, mediante una pronta conoscibilità del provvedimento di fermo, una ampia tutela del contribuente che di quel provvedimento è il destinatario: in questa prospettiva il preavviso di fermo svolge una funzione assolutamente analoga a quella dell’avviso di mora nel quadro della comune procedura esecutiva esattoriale, e come tale avviso esso non può non essere un atto impugnabile.

In specie qualora si pensi che, come tante volte accade con l’avviso di mora, l’atto in questione potrebbe essere il primo atto (e, peraltro, valendo anche come comunicazione dell’automatica iscrizione del fermo, il solo atto) con il quale il contribuente viene a conoscenza dell’esistenza nei suoi confronti di una pretesa tributaria che egli ha interesse a contrastare.

Il fatto che il preavviso di fermo amministrativo non compaia esplicitamente nell’elenco degli atti impugnabili contenuto nell’art. 19, D.Lgs. n. 546 del 1992, non costituisce un ostacolo, in quanto, secondo un principio già affermato da questa Corte, e che il Collegio condivide, l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (art. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.), che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge n. 448 del 2001. Con la conseguenza che deve ritenersi impugnabile ogni atto che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, in quanto sorge in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l’interesse, ex art. 100 cod. proc. civ., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico (v. Cass. nn. 21045/2007, 27385/2008).

Pertanto deve essere affermato il seguente principio di diritto: «Il preavviso di fermo amministrativo ex art. 86, D.P.R. n. 602 del 1973 che riguardi una pretesa creditoria dell’ente pubblico di natura tributaria è impugnabile innanzi al giudice tributario in quanto atto funzionale, in una prospettiva di tutela del diritto di difesa del contribuente e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, a portare a conoscenza del medesimo contribuente, destinatario del provvedimento di fermo, una determinata pretesa tributaria rispetto alla quale sorge ex art. 100 c.p.c. l’interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva».

Nel caso di specie deve, quindi, essere dichiarata la giurisdizione del giudice tributario e le parti devono essere rimesse innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pisa. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione pronunciando sul ricorso dichiara la giurisdizione del giudice tributario e rimette le parti innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pisa. Compensa le spese.