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Al bar non occorre l’autorizzazione per la serata di musica e deejay

Commento a cura dell’avv.

Interessante sentenza emessa dal TAR Puglia sez. Lecce il 5 novembre 2015 n. 3171 con la quale è stato accolto il ricorso promosso dal titolare di un bar che aveva subito dal Comune di Gallipoli la cessazione dell’attività di intrattenimento musicale effettuata nei propri locali per aver ingaggiato un DJ e aver diffuso musica di accompagnamento ad ogni apertura del bar.

Questi i fatti: il gestore di un bar di Gallipoli, autorizzato alla sola somministrazione di alimenti e bevande, installava una consolle con D.J.  irradiando musica per gli avventori. Ciò provocava un rilevante afflusso di clientela che si affollava non solo all’interno del bar ma anche nel dehors.

I vigili urbani, intervenuti sul posto, redigevano verbale di accertamento contestando al titolare dell’esercizio la violazione dell’art. 68 TULPS (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) in base al quale “senza licenza del questore non si possono dare in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico rappresentazioni teatrali o cinematografiche, accademie, feste da ballo, corse di cavalli, né altri simili spettacoli o trattenimenti”. A seguito di ciò il Comune disponeva la cessazione dell’attività di intrattenimento musicale nel locale in questione.

Il Gestore del bar impugnava pertanto il provvedimento dinanzi al TAR, il quale con la sentenza qui in commento annullava l’ordinanza comunale accogliendo il ricorso.

Va detto che l’ordinanza comunale è stata annullata per il difetto di istruttoria, cioè esclusivamente perché i Giudici hanno ritenuto carente e superficiale l’istruttoria svolta dai Vigili intervenuti sul posto. Gli stessi infatti si sono limitati ad accertare unicamente l’installazione nel bar di una strumentazione musicale e la presenza nel dehors di un gran numero di persone.

A giudizio del Tar invece l’accertamento avrebbe dovuto riguardare anche altre circostanze, quali ad esempio il pagamento di un eventuale biglietto, l’aumento del prezzo delle consumazioni, la presenza di strumentazioni tecnologiche più complesse, la pubblicizzazione dell’evento, e così via.

Da qui l’illegittimità dell’ordinanza, viziata appunto – secondo i Giudici amministrativi – dal difetto di istruttoria e dunque basata su dati insufficienti e discordanti.

La presenza della sola strumentazione musicale e del pubblico è compatibile con una attività di intrattenimento “secondaria” e “servente” rispetto a quella principale costituita dalla somministrazione di bevande e alimenti, e dunque non bisognevole come tale dell’apposita licenza ex art. 68 TULPS.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI ROMA

SEZIONE 29

riunita con l’intervento dei Signori:

Pannullo Nicola – Presidente

Fantini Stefano – Relatore

Giorgianni Angelo – Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

– sull’appello n. 4884/14

depositato il 11/09/2014

– avverso la sentenza n. 2718/52/14

emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di ROMA

contro: AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE ROMA 1

proposto dai ricorrenti:

CA.EL.

VIA (…) 00040 CASTEL GANDOLFO RM

difeso da:

AN.VA.

VIA (…) 00167 ROMA RM

difeso da:

PI.MA.

VIA (…) 00167 ROMA RM

Atti impugnati:

CARTELLA DI PAGAMENTO n. (…) REGISTRO

– sull’appello n. 4843/14

depositato il 03/09/2014

– avverso la sentenza n. 306/54/13

emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di ROMA

proposto dall’ufficio: AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE ROMA 1

controparti:

BR.MA.

VIA (…) 00181 ROMA RM

difeso da:

PU.MA.

VIA (…) 00182 ROMA RM

difeso da:

PU.MA.

VIA (…) 00182 ROMA RM

Atti impugnati:

AVVISO DI LIQUIDAZIONE n. (…) REGISTRO 2006

FATTO

  1. A) Con atto (R.G.A. n. 3543/14) depositato in data 18 giugno 2014 l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale I di Roma, ha interposto appello avverso la sentenza 21 novembre 2013, n. 426/53/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, Sez. 53, che ha accolto il ricorso esperito dall’impresa Si. S.r.l. avverso l’atto di contestazione (n. (…)), con cui l’Ufficio le aveva irrogato sanzioni per l’omesso versamento di ritenute alla fonte su maggiori compensi corrisposti ai propri dipendenti per gli anni 2004/2005, in violazione di quanto prescritto dall’art. 13, comma 1, del D.lgs. n. 471 del 1997.

Con il ricorso in primo grado l’impresa Si. ha negato l’omesso versamento di ritenute sui maggiori compensi riconosciuti ai propri dipendenti impiegati a titolo di indennità di trasferta (denominata “trasferta Italia”), che ha portato all’accertamento di un’omessa contribuzione per Euro 6.671,10 per il 2004 e di Euro 7.800,00 per il 2005, ed alla contestazione di infedele dichiarazione dei sostituti d’imposta, lamentando l’illegittimità ed inefficacia del verbale I.N.P.S. (n. (…)), ed, in via derivata, del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza del 17 ottobre 2007, eccependo in subordine l’intervenuta prescrizione del credito erariale.

Ha allegato come i propri dipendenti abbiano effettivamente prestato l’attività lavorativa al di fuori del cantiere di Civitavecchia, in particolare in quelli di Tavazzano e Livorno, censurando l’inadeguatezza probatoria della rilevazione elettronica (mediante badge) di ingresso nel cantiere ENEL di Civitavecchia (Torre Valdaliga Nord) di operai in realtà assenti, secondo una prassi operativa invalsa nell’uso.

Si è costituita nel giudizio di primo grado l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale I di Roma, puntualmente controdeducendo al ricorso e chiedendone la reiezione, nell’assunto che non sia stato comunque provato dalla ricorrente l’effettivo impiego “fuori sede” dei lavoratori che hanno percepito l’indennità di trasferta.

La sentenza di prime cure ha accolto il ricorso, ritenendo fondato il motivo, svolto nel corso dell’udienza, concernente la mancanza di delega del capo ufficio al soggetto sottoscrittore dell’avviso di accertamento, come pure il motivo inerente l’efficacia probatoria del documento elettronico di rilevazione automatica di ingresso degli operai, disconosciuta ex art. 2712 del cod. civ. dalla ricorrente, e posta a fondamento del verbale dell’I.N.P.S., ritenendo conseguentemente sussistenti i presupposti dell’indennità di trasferta, e cioè del compenso avente natura non retributiva, dovuto ai dipendenti per il disagio connesso con il mutamento temporaneo del luogo di lavoro.

Con l’appello l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale I di Roma, ha dedotto i seguenti motivi: 1) illegittimità della sentenza, in quanto basata, tra l’altro, su di un motivo non dedotto con il ricorso introduttivo, ciò comportando anche una violazione del diritto di difesa dell’Amministrazione finanziaria; in ogni caso si tratta di statuizione erronea, difettando una previsione che imponga l’allegazione della delega di firma all’avviso di accertamento; 2) motivazione apparente della sentenza, in quanto inidonea a dare spiegazione dell’asserita illegittimità delle pretesa fiscale, risultando invece costante la giurisprudenza nel ritenere consentita la motivazione dell’atto impositivo mediante rinvio al verbale della Guardia di Finanza e dell’I.N.P.S.; da tali verbali emerge l’irregolare corresponsione dell’indennità di trasferta (fruendo dell’esenzione contributiva e fiscale) in favore di operai che hanno lavorato sempre presso il cantiere di Civitavecchia, e per i quali non è stata comunque fornita la prova di una prestazione svolta al di fuori del Comune ove erano stati assunti.

Si è costituita in giudizio l’Impresa Si. S.r.l., eccependo l’inammissibilità dell’appello per difetto di capacità processuale dell’Agenzia delle Entrate, non essendo indicato l’organo con capacità di stare in giudizio, e comunque la sua infondatezza nel merito.

  1. B) Con coevo atto (RGA 3544/14) depositato in data 18 giugno 2014 l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale I di Roma, ha interposto appello anche avverso la sentenza 21 novembre 2013, n. 427/53/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, Sez. 53, che ha accolto il ricorso proposto sempre dall’impresa Si. S.r.l. avverso l’avviso (n. (…)), con cui l’Ufficio accertava per l’anno 2005, in relazione alla medesima vicenda, l’omesso versamento di ritenute alla fonte su maggiori compensi corrisposti ai propri dipendenti, deducendo motivi analoghi a quelli allegati con riguardo al ricorso n. 3543/14 del R.G.A., alla cui esposizione, per brevità, si fa rinvio (la medesimezza dei motivi di appello è conseguenza anche dell’identità della sentenza appellata con quella della Commissione Tributaria Provinciale n. 426/53/13).

Resiste anche in questo giudizio l’Impresa Si. S.r.l., eccependo l’inammissibilità per carenza di legittimazione/capacità processuale dell’Agenzia delle Entrate, e comunque l’infondatezza nel merito del ricorso.

  1. C) All’udienza pubblica del 20 maggio 2015 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

  1. – Va anzitutto disposta, ai sensi degli artt. 29 e 61 del D.lgs. n. 546/1992, la riunione dei ricorsi in appello iscritti sub n. 3543/14 e n. 3544/14 del R.G.A., in quanto soggettivamente e soprattutto oggettivamente connessi.
  2. – In via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione, svolta dalla parte appellata, di inammissibilità dell’appello per carenza di capacità processuale, non essendo stato indicato nell’appello dell’Agenzia delle Entrate l’organo dotato della capacità di stare in giudizio, né la persona fisica che riveste l’incarico della rappresentanza organica.

Ed invero in tema di contenzioso tributario, gli artt. 10 e 11 del D.lgs. n. 546 del 1992 riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate nei cui confronti è proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale, sicché deve ritenersi validamente apposta la sottoscrizione dell’appello dell’ufficio finanziario da parte del “capo team legale”, su delega del direttore provinciale, anche ove non sia esibita in giudizio la specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere di impugnare la sentenza (in termini Cass. Sez. trib., 21 marzo 2014, n. 6691; Sez. trib., 15 gennaio 2009, n. 874).

  1. – Il primo motivo degli appelli, concernente la statuizione di accoglimento dei ricorsi di primo grado in ragione della mancata delega del capo ufficio al sottoscrittore dell’avviso di accertamento, è meritevole di positiva valutazione, sia in rito, che nel merito.

In rito, in quanto si tratta di motivo allegato nel corso dell’udienza di trattazione del ricorso, come emerge dalla sentenza stessa, mentre il giudizio tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione dedotti con il ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, del D.lgs. n. 546 del 1992 (in termini Cass. Sez. trib., 24 ottobre 2014, n. 22662). Nel merito, in quanto l’Amministrazione finanziaria ha dimostrato in giudizio, in questo unico momento in cui le è stato possibile difendersi compiutamente, l’esistenza di una disposizione di servizio n. 1 dell’8 marzo 2010 che legittima la sottoscrizione per delega del direttore provinciale.

  1. – Il secondo e centrale motivo di appello si appunta sull’iter motivazionale delle sentenze appellate, che hanno ritenuto infondata la pretesa fiscale dell’Amministrazione. In particolare, assume l’appellante che gli atti impugnati, i quali hanno accertato l’omesso versamento delle ritenute, sono legittimamente motivati per relationem al verbale ispettivo dell’I.N.P.S. ed al processo verbale della Guardia di Finanza, idonei a dimostrare che le erogazioni effettuate dalla società appellata ai propri dipendenti non possono considerarsi indennità di trasferta, con conseguente inapplicabilità del regime di esenzione (ora previsto dall’art. 51 del D.P.R. n. 917 del 1986). I dipendenti che hanno fruito di tale trattamento non potevano infatti considerarsi in trasferta, risultando presenti, anche alla stregua della rilevazione elettronica di accesso al cantiere ENEL di Civitavecchia, nella sede principale di prestazione dell’attività lavorativa, mentre la trasferta prevede un allontanamento temporaneo del lavoratore dalla sede di lavoro, che non è stato dimostrato dalla contribuente.

Da parte sua, la società appellata chiede la conferma della sentenza di primo grado, sottolineando di avere fornito la prova dell’esistenza di cantieri attivi diversi dal cantiere ENEL di Torre Valdaliga Nord, mediante deposito di contratti di appalto e sub-appalto, nonché dichiarazioni di propri dipendenti e consulenza di parte, ed aggiungendo che il documento informatico di rilevazione automatica delle presenze in ingresso nel cantiere di Civitavecchia è irrilevante dal punto di vista probatorio, non avendo gli ispettori I.N.P.S. tenuto conto dell’orario di entrata e di quello di uscita degli operai, e comunque dalla stessa disconosciuto, e per di più acquisito con modalità non conformi a quanto stabilito dagli artt. 20 e seguenti del D.lgs. n. 82 del 2005.

Il motivo è fondato, e meritevole pertanto di positiva valutazione.

Va premesso anzitutto che l’atto impositivo può essere legittimamente motivato per relationem al verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza ed anche al verbale ispettivo dell’I.N.P.S., atteso, con riguardo a quest’ultimo, che se l’art. 36 del D.P.R. n. 600 del 1973 impone ai soggetti pubblici incaricati istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza di fornire agli uffici finanziari, per il tramite della Guardia di Finanza, la documentazione atta a comprovare fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie, ciò significa che quella documentazione può essere utilizzata ai fini dell’accertamento; ne consegue che legittimamente un avviso di accertamento potrebbe essere motivato mediante rinvio alle risultanze ispettive dell’I.N.P.S. che ha segnalato omissioni contributive previdenziali con ricadute sul piano fiscale (in termini Cass. Sez. trib., 11 giugno 2001, n. 7832). Nel caso di specie, peraltro, l’atto impositivo oggetto di contestazione è motivato con riferimento al verbale di constatazione della Guardia di Finanza, la cui attività ha tratto origine dalla segnalazione dell’I.N.P.S.

Ciò premesso, l’accertamento “selettivo” compiuto dall’I.N.P.S. e dalla Guardia di Finanza non si fonda solamente sulla rilevazione automatiche di accesso (badge) degli operai nel cantiere di Civitavecchia, cui, pure, un qualche valore indiziario non può essere disconosciuto (nell’ambito della libera valutazione riconosciuta dalla legge), anche in considerazione del fatto che le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà prodotte in primo grado dall’appellata non riguardano tutti i lavoratori indicati negli allegati “A” e “B” del verbale ispettivo dell’I.N.P.S., ma su vari riscontri, ed in primo luogo sulle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori al momento dell’accesso ispettivo, nonché sulle prestazioni di lavoro straordinario svolte (nei giorni festivi, di sabato o domenica) da taluni dipendenti, ma non risultanti dalle buste paga.

  1. – Ne consegue che il corredo motivazionale che sorregge le sentenze appellate non appare adeguato a superare l’accertamento svolto dalla Guardia di Finanza anche alla stregua delle risultanze del verbale ispettivo dell’I.N.P.S., in ordine alla non qualificabilità come “indennità di trasferta” degli emolumenti corrisposti dalla Impresa Si., con consequenziale assoggettabilità degli stessi alle ritenute.
  2. – Alla stregua di quanto esposto, gli appelli devono essere accolti, e, per l’effetto, le sentenze impugnate devono essere riformate.

Sussistono giusti motivi, in ragione della complessità delle questioni trattate, per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, Sez. 29, definitivamente pronunciando, così decide: a) riunisce i ricorsi in appello nn. 3543/14 e 3544/14 del R.G.A.; b) accoglie gli appelli, e, per l’effetto, in riforma delle sentenze appellate, dichiara legittimi gli atti impugnati.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2015.

Depositata in Segreteria il 4 giugno 2015.