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Sui benefici “prima casa” oggi

di Fulvia Todisco

  1. ACQUISTO DELLA “PRIMA CASA” PER SUCCESSIONE E DONAZIONE

Anche dopo la riforma entrata in vigore l’1 gennaio 2014 (D.lgs. 14 marzo 2011, come modificato dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147), in base all’art. 69 della L. 21 novembre 2000, n. 342 è possibile usufruire delle agevolazioni “prima casa” per gli acquisti per donazione, per atto a titolo gratuito, in conseguenza della costituzione di un vincolo di destinazione o mortis causa, purché ricorrano le condizioni di legge. Però, ai fini della nozione di abitazione non di lusso, non si fa più riferimento al D.M. 2 agosto 1969, ma è sufficiente che l’immobile non rientri nelle categorie catastali A/1 (abitazioni signorili), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di pregio).

  1. PRIMA CASA E RINUNCIA A DIRITTI REALI

Rinuncia traslativa a titolo oneroso

Questa fattispecie non genera alcun problema interpretativo, perché rientra a pieno titolo, a prescindere dal nomen utilizzato, nella fattispecie prevista dall’attuale art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, cioè negli atti traslativi a titolo oneroso (anche permuta, transazione, dazione in pagamento e così via). Quindi sconterà l’imposta di registro al 2% e le imposte ipotecaria e catastale nella misura di Euro 50,00 ciascuna.

Rinuncia traslativa a titolo gratuito

Tale fattispecie rientra negli atti a titolo gratuito e, perciò, troveranno applicazione le agevolazioni fiscali prima casa.

Rinuncia abdicativa al diritto di proprietà

Chiaramente il problema si pone solo per chi ammette la rinuncia alla proprietà (possibilità espressamente ammessa dal Consiglio Nazionale del Notariato con lo Studio n. 216, approvato il 21 marzo 2014).

Nel caso in cui tale atto rientri nella fattispecie degli atti a titolo gratuito, troverà applicazione il D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346.

Qui non c’è il problema dei benefici “prima casa”, in quanto la proprietà cui si rinuncia va allo Stato (che non può mai usufruire di tali benefici).

Rinuncia abdicativa ai diritti reali limitati

(enfiteusi, superficie, usufrutto, uso, abitazione e servitù)

Il richiamato Studio C.N.N. 216 del 2014 ammette la rinuncia a tutti i diritti reali limitati, fatta eccezione per il diritto di enfiteusi.

Tutte queste fattispecie di rinuncia, purché costituiscano atti a titolo gratuito, vengono disciplinati dal D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346.

In questi casi c’è il problema della mancanza dell’apposita richiesta delle agevolazioni “prima casa” nell’atto di rinuncia, che è un atto unilaterale (vi partecipa soltanto il rinunciante). Pertanto alcuni Uffici riconoscono le agevolazioni “prima casa” solo quando il beneficiario della rinuncia, ossia il cosiddetto nudo proprietario, intervenga all’atto e renda la dichiarazione prevista nella “Nota II-bis)” dell’art. art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

A questo punto, però, sorge il problema di stabilire se i benefici “prima casa” possano essere richiesti dal rinunciante in nome e per conto del beneficiario e quale forma vada osservata ai fini del conferimento dei relativi poteri rappresentativi. Si ritiene preferibile la tesi positiva, sul presupposto che tale dichiarazione abbia natura di atto giuridico in senso stretto, i cui effetti giuridici sono determinati dalla legge, per la quale non è richiesta la forma scritta a pena di nullità. Pertanto anche l’autorizzazione del beneficiario a rendere tale dichiarazione può essere data verbalmente.

Rinuncia all’usufrutto e decadenza dai benefici “prima casa”

Si discute se la rinuncia abdicativa (e perciò unilaterale) al diritto di usufrutto, acquistato usufruendo dei benefici in questione, costituisca atto di trasferimento (volendo usare la stessa terminologia utilizzata dalla “Nota II-bis)” e comporti, perciò, la decadenza dai suddetti benefici.

Al riguardo va osservato che la tesi positiva dell’Agenzia delle Entrate è stata disattesa dalla Cass., Sez. VI, 2 maggio 2013, n. 10249, la quale ha ritenuto che tale rinuncia, essendo un atto abdicativo unilaterale, non rientra nell’ambito degli “atti di trasferimento” per cui non comporta la decadenza dai benefici “prima casa”.

  1. CREDITO D’IMPOSTA E RAPPORTI CON LA MISURA MINIMA DELL’IMPOSTA DI REGISTRO DI EURO 1.000,00

Il credito d’imposta, riconosciuto dall’art. 7, commi 1 e 2, della L. 23 dicembre 1998, n. 448 a chi acquista a qualsiasi titolo, entro un anno dall’alienazione e in presenza delle condizioni di legge, altra casa di abitazione non di lusso, continua ad esistere, non essendo stato abrogato dal D.lgs. 14 marzo 2011, come modificato dalla L. 27 dicembre 2013 n. 14.

Questa materia risulta compiutamente e correttamente trattata dalla Circolare 21 febbraio 2014, n. 2. Pertanto, volendo solo fare una breve ricapitolazione:

  1. a) non trattandosi di “agevolazione” in senso tecnico, non è stata travolta dall’abrogazione prevista dal comma 4 dell’art. 10 del D.lgs. 14 marzo 2011, n. 23;
  2. b) nel determinare la differenza tra la nuova imposta di registro ed il credito d’imposta da portare in detrazione, si dovrà tenere conto della misura minima della prima (€ 1.000,00), che dovrà essere corrisposta nel suo esatto ammontare, anche se d’importo inferiore e, nel caso in cui il credito d’imposta sia pari o superiore all’importo della nuova imposta di registro, quest’ultima non sarà dovuta neppure in misura fissa;
  3. c) al fine di stabilire se la nuova abitazione presenti o meno caratteristiche di lusso – alla luce dell’abrogazione del quinto periodo dell’art. 1 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – si dovrà tenere conto esclusivamente della categoria catastale, nel senso che ne sono escluse le unità immobiliari in categoria A/1 (abitazioni signorili), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di pregio).
  4. ULTERIORE AMBITO OPERATIVO DEL “PREZZO VALORE” E BENEFICI “PRIMA CASA”

L’Agenzia delle Entrate ha inizialmente negato – con la Risoluzione 17 maggio 2007, n. 102 – l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 1, comma 497, della L. 23 dicembre 2005, n. 266 (cosiddetto “prezzo valore”) all’aggiudicazione dell’immobile all’asta pubblica, sul presupposto che l’art. 44 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 richiama come base imponibile il prezzo di aggiudicazione.

Successivamente – nella Risposta ad Interpello n. 51746 del 17 luglio 2013 – ha ritenuto, al contrario, applicabile la disciplina del “prezzo valore” agli acquisti in sede di espropriazione forzata o all’aggiudicazione all’asta pubblica bandita da un ente privato.

La discussione è stata in ultima analisi chiusa dalla Corte Costituzionale, la quale – con la sentenza n. 6 del 15 gennaio 2014 – ha affermato che, avendo l’art. 1, comma 497, della L. 23 dicembre 2005, n. 266 “un’evidente valenza agevolativa“, “la mera differenziazione del contesto acquisitivo del bene non è sufficiente a giustificare la discriminazione di due fattispecie caratterizzate da una sostanziale omogeneità, in particolare con riguardo all’esclusività del diritto potestativo concesso all’acquirente in libero mercato“. In sostanza la Corte Costituzionale ha precisato che, nell’ambito del libero mercato, spetta all’acquirente scegliere il criterio di determinazione della base imponibile meno oneroso ai fini del pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. Ergo è possibile usufruire della disciplina del “prezzo valore” anche nel caso di acquisti in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto, sempre che ricorrano le altre condizioni indicate nella norma citata (l’acquirente deve essere una persona fisica, che non agisce nell’esercizio di arte, commercio o professione).

  1. RIACQUISTO ENTRO 5 ANNI PER DONAZIONE

La Cassazione – con le sentenze 26 giugno 2013 n. 16077; 29 novembre 2013, n. 26766; 12 marzo 2014, n. 5689 e 29 luglio 2014, n. 17151 – ha sostenuto che il riacquisto, entro un anno dall’alienazione (che ovviamente intervenga nei primi cinque anni dall’acquisto), di una “prima casa” per donazione è idoneo ad evitare la decadenza dai benefici in questione, sulla base:

  1. a) del riconoscimento del “credito d’imposta” anche negli acquisti a titolo donativo o gratuito ex art. 7, commi 1 e 2, della L. 23 dicembre 1998, n. 448, in quanto tale norma ha senso solo se il nuovo acquisto a titolo gratuito goda delle agevolazioni “prima casa”;
  2. b) del quarto comma della “Nota II-bis”, che parlando genericamente di “acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”, ricomprende sia l’acquisto a titolo oneroso che quello a titolo gratuito.

L’Agenzia delle Entrate si è uniformata all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con la recentissima Risoluzione 11 maggio 2015, n. 49/E. D’altra parte la ratio legis è di escludere i benefici “prima casa” solo quando si ponga in essere un’attività speculativa (acquisto l’immobile al solo fine di rivenderlo ad un prezzo superiore o di gran lunga superiore) e non quando si soddisfi l’esigenza abitativa; e questa esigenza abitativa viene soddisfatta anche nel caso in cui, dopo avere venduto la “prima casa”, si ha la fortuna di ricevere in donazione altro immobile destinato ad abitazione principale, senza che sia necessario comprarlo. Inoltre l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto – con la Risoluzione 27 dicembre 2012, n. 112/E – che “il soggetto che si trovi nelle condizioni di non poter ovvero di non voler rispettare l’impegno assunto” di acquistare altro immobile da adibire a propria abitazione principale, “anche per motivi personali, può comunicare il proprio intendimento all’Amministrazione finanziaria” prima della scadenza dell’anno dall’alienazione, nel qual caso pagherà soltanto la differenza delle imposte e gli interessi legali sulla stessa, senza la sanzione del 30%. Quindi, attraverso il “ravvedimento operoso”, si ha la possibilità di evitare la sanzione anche se non si riacquista entro un anno. Chiaramente si tratta di una decisione “anticrisi”, che tiene conto della realtà attuale, in cui è necessario vendere l’abitazione per pagare i debiti o per aiutare figli o parenti o più semplicemente per potere vivere in attesa che si trovi un altro lavoro, senza che ci sia la possibilità di ricomprare altra casa.

  1. TRASFERIMENTO IN SEDE DI SEPARAZIONE PERSONALE – DECADENZA DAI BENEFICI “PRIMA CASA”

La vicenda della decadenza dai benefici “prima casa” a seguito del trasferimento entro i cinque anni dall’acquisto, in adempimento degli accordi di separazione personale o di divorzio: a) di metà della “prima casa da parte di un coniuge all’altro o ai figli; b) della intera “prima casa” ad un terzo, a titolo oneroso da parte di entrambi i coniugi, con contestuale rinuncia da parte di uno di essi alla sua quota di prezzo a favore dell’altro, trova risposte differenti.

La giurisprudenza della Cassazione è al riguardo oscillante, in quanto in taluni casi (Ordinanze 3 febbraio 2014, n. 2263 e 14 luglio 2014, n. 16082) ha affermato la decadenza dai benefici “prima casa” a carico del coniuge che non ha riacquistato una “prima casa” dopo il trasferimento in adempimento degli accordi di separazione personale o di divorzio, sul presupposto che quest’ultimo è pur sempre un atto di autonomia privata; in altri casi e nelle decisioni più recenti (Ordinanza 18 febbraio 2014, n. 3753; Cass. 13 novembre 2015, n. 23225 e Cass. 16 marzo 2016, n. 5156), invece, ha affermato il contrario, sul presupposto che l’alienazione della casa coniugale in dipendenza della separazione personale o del divorzio costituisce un atto di utilizzazione della stessa ai fini della sistemazione degli accordi coniugali.

L’Agenzia delle Entrate – richiamando la sentenza della Corte Cost. 11 giugno 2003, n. 202, secondo la quale il legislatore ha sottratto ad imposizione fiscale gli atti del giudizio divorzile (o di separazione) al fine di favorire una rapida definizione dei rapporti patrimoniali tra le parti – ha escluso la decadenza dai benefici “prima casa” non soltanto quando uno dei coniugi, prima del quinquennio, alieni all’altro la propria quota dell’immobile, ma anche quando entrambi i coniugi alienino a terzi l’intera proprietà dell’immobile, con rinuncia da parte di uno di essi a favore dell’altro, all’incasso del ricavato della vendita, purché il coniuge al quale viene assegnato l’intero corrispettivo derivante dalla vendita riacquisti, entro un anno dall’alienazione, un altro immobile da adibire ad abitazione principale.

  1. PERTINENZE

Molto più complicata è la questione relativa alle pertinenze della “prima casa”. In base alla legge sono ricomprese tra le pertinenze le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7.

Innanzitutto va precisato che ai fini della nozione di “pertinenza” in materia fiscale non si può prescindere dalla sua accezione, ai fini civilistici, indicata dall’art. 817 c.c., come bene destinato durevolmente al servizio o all’ornamento di un bene principale. Pertanto occorre un elemento oggettivo, cioè il fatto che concretamente il bene renda più agevole o comodo l’uso della cosa principale o stia in un rapporto di complementarietà rispetto al bene principale, ma anche un elemento soggettivo, cioè il fatto che il proprietario o il titolare di un diritto reale sulla pertinenza la destini effettivamente al servizio o all’ornamento della cosa principale.

Questi principi sono condivisi anche dall’Agenzia delle Entrate.

Il problema ancora irrisolto riguarda, invece, i limiti di distanza tra bene principale e pertinenza, stante la tendenza delle Agenzie delle Entrate a considerare sussistente il rapporto pertinenziale solo in caso di notevole vicinanza tra bene principale e pertinenza.

Inoltre secondo l’Agenzia delle Entrate le agevolazioni “prima casa” sono applicabili anche alle “aree scoperte” pertinenziali, purché “graffate” al bene principale, vale a dire censite al catasto urbano unitamente ad esso. Invece secondo la Suprema Corte (Cass. 1 marzo 2013, n. 6259) “non è necessario, al fine dell’agevolazione, che il bene sia censito unitamente all’immobile principale, non richiedendosi tale presupposto dalla normativa di riferimento, spettando le agevolazioni anche per l’acquisto delle pertinenze con atto separato.”.

L’Agenzia delle Entrate riconosce, poi, le agevolazioni del “prezzo valore” anche a qualsiasi pertinenza, purché abbia un valore catastale (con esclusione, ad esempio, dei suoli edificabili), precisando inoltre che non emergono limitazioni quantitative all’acquisto di immobili con destinazione pertinenziale. Pertanto, il nuovo regime opzionale di   determinazione della base imponibile, ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, potrà essere applicato   a tutti gli atti di cessione di immobili pertinenziali, sempre che tale destinazione risulti dall’atto di acquisto.

Infine l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto i benefici “prima casa” anche alle pertinenze di:

  1. immobili acquistati anteriormente al 22 maggio 2003 con l’I.V.A. al 4% (all’epoca non era necessario richiedere i benefici, dal momento che l’aliquota era in ogni caso del 4%), purché l’acquirente dichiari nell’atto di acquisto della pertinenza che al momento dell’acquisto del bene principale ricorrevano le condizioni richieste dalla normativa all’epoca vigente per usufruire dei benefici “prima casa”;
  2. immobili acquistati senza i benefici “prima casa”, perché questi ultimi non erano ancora previsti dalla normativa all’epoca vigente;
  3. abitazione acquistata allo stato rustico, quando non erano riconosciuti i benefici “prima casa” agli immobili in corso di costruzione, purché l’acquirente dichiari nell’atto di acquisto della pertinenza che al momento dell’acquisto del bene principale ricorrevano le condizioni richieste dalla normativa all’epoca vigente per usufruire dei benefici “prima casa”.
  4. REQUISITO DELLA PREPOSSIDENZA DELLA PRIMA CASA ALLA LUCE DELLA L. 28 DICEMBRE 2015 N. 208

L’art. 1, comma 55, della L. 28 dicembre 2015, n. 208 ha dato la possibilità di usufruire delle agevolazioni “prima casa” anche quando si è già proprietari di altra casa di abitazione acquistata con i benefici “prima casa”, purché la si alieni entro un anno dall’acquisto della nuova abitazione.

Va innanzitutto precisato che tale situazione non ricorre quando si è pieni proprietari o usufruttuari di altra abitazione nello stesso Comune non acquistata con i benefici “prima casa”.

Inoltre l’Agenzia delle Entrate ha precisato che:

  1. questa agevolazione spetta anche se l’acquisto della nuova prima casa sia assoggettata ad I.V.A. o se avvenga per donazione o successione;
  2. si applicano, ricorrendo la stessa ratio, alle pertinenze della “prima casa;
  3. è possibile usufruire anche delle agevolazioni della detrazione del credito d’imposta alle stesse condizioni;
  4. l’alienazione della precedente abitazione acquistata con i benefici “prima casa” può anche avvenire a titolo gratuito o per donazione.

La dottrina ha, poi, ulteriormente precisato che tali agevolazioni: a) si estendono agli acquisti a causa di morte e per donazione; b) comportano l’applicazione dell’imposta sostitutiva dello 0,25% ai finanziamenti per l’acquisto della “prima casa” previsti dagli artt. 15 e ss del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.

A mio avviso, inoltre, tali agevolazioni permettono anche la detrazione fiscale degli interessi annui dei finanziamenti per l’acquisto della “prima casa” nella misura del 19%, purché ricorrano le altre condizioni previste dall’art. 15 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI RECENTI

I

In caso di obbligo di trasferimento della residenza entro 18 mesi dall’acquisto con i benefici “prima casa”, il termine triennale di decadenza di cui all’art. 76, comma 2, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 decorre non dalla registrazione dell’atto, bensì dal momento in cui l’enunciato proposito di trasferimento della residenza, inizialmente attuabile, sia successivamente rimasto ineseguito od ineseguibile, al più, quindi, dal diciottesimo mese successivo alla registrazione dell’atto (Cass. 5 febbraio 2014, n. 2527).

II

Non determina decadenza dai benefici “prima casa” il mancato trasferimento della residenza entro 18 mesi dall’acquisto della “prima casa” per cause di forza maggiore (la lunghezza dei lavori di messa in sicurezza di un immobile a causa di smottamenti provocati da abbondanti piogge) (Cass. 11 settembre 2014, n. 19247).

III

Qualora sia riconosciuta all’acquirente l’agevolazione prima casa, a condizione che egli stabilisca la propria residenza nel territorio del Comune dove si trova l’immobile acquistato nei diciotto mesi successivi all’acquisto, il trasferimento è onere che conforma un potere dell’acquirente e che va esercitato nel suindicato termine a pena di decadenza, sul decorso del quale nessuna rilevanza va riconosciuta ad impedimenti sopravvenuti, anche se non imputabili all’acquirente (Cass. 10 febbraio 2016, n. 2616).

Tale principio è stato affermato, in contrasto con le precedenti decisioni, che attribuivano rilevanza alla causa ostativa della forza maggiore, sul presupposto che:

– ai sensi dell’art. 2966 c.c. la decadenza può essere impedita solo dal compimento dell’atto previsto dalla legge;

– ai sensi dell’art. 2964 c.c. alla decadenza non si applicano le cause di sospensione ed interruzione previste per la prescrizione;

– la legge non attribuisce alcun rilievo agli impedimenti sopravvenuti, come fa, invece, in altri casi;

– la decadenza non ha finalità sanzionatorie (ma evidenzia la mancanza di uno dei requisiti essenziali per fruire delle agevolazioni “prima casa”);

IV

Non decade dai benefici “prima casa” a seguito di vendita infraquinquennale l’italiano residente all’estero che ricompra, entro un anno, un’altra casa in Italia anche non destinata ad abitazione principale, dal momento che costui non è tenuto a rispettare il requisito di avere e, perciò, anche di trasferire la residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile o di adibirla ad abitazione principale (Cass. 9 luglio 2014, n. 15617).

V

Al fine di evitare la decadenza dai benefici “prima casa” a seguito di vendita infraquinquennale non è sufficiente la stipula di un contratto preliminare di acquisto di una nuova abitazione, dal momento che lo stesso non produce effetti traslativi della proprietà (Cass. 29 luglio 2014, n. 17151).

VI

In tema di agevolazioni tributarie per l’acquisto della prima casa, ai sensi del comma 4, ultimo periodo, della nota II bis dell’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il contribuente che, venduto l’immobile nei cinque anni dall’acquisto, abbia acquistato, entro un anno da tale alienazione, un altro immobile, procedendo poi alla sua vendita ed all’acquisto infrannuale di un ulteriore immobile, può mantenere l’agevolazione solo se fornisce la prova che l’acquisto sia seguito dalla effettiva realizzazione della destinazione ad abitazione propria degli immobili acquisiti nelle singole transazioni in virtù del concreto trasferimento della residenza anagrafica nell’unità abitativa correlata (Cass. 30 aprile 2015 n. 8847 e Cass. 2 febbraio 2016, n. 2072).

In definitiva la Cassazione riconosce il credito d’imposta “a catena”, purché si rispetti la condizione di legge della destinazione di ciascuna unità immobiliare acquistata ad abitazione principale.

VII

Il mutamento delle condizioni che giustificano le agevolazioni “prima casa” andrebbe fatto nel termine di tre anni dalla stipula dell’atto ed in ogni caso prima del verificarsi della causa di decadenza dai benefici o prima dell’accertamento fiscale (Cass. 11 febbraio 2016 n. 2777, che richiama la Cass. 11 giugno 2010 n. 14122).

VIII

Non è possibile riusufruire dei benefici “prima casa” a seguito dell’autodenuncia di averne usufruito illegittimamente, intervenuta dopo il termine decadenziale di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Infatti l’autodenuncia va fatta prima della formazione di un giudicato o della scadenza di un termine decadenziale fissato per l’azione amministrativa (Cass. 30 luglio 2014, n. 17294).