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Multa per autovelox: attenzione a mentire sul conducente!

Conseguenze penali per chi indica, come conducente dell’auto multata, nella dichiarazione da spedire alla polizia, una persona diversa da quella effettivamente al volante, solo per evitare la decurtazione dei punti della patente.

Lo ha stabilito la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 19527 del 11 maggio 2016 con la quale un automobilista è stato condannato alla reclusione in quanto, a seguito dell’invito rivolto dagli agenti di indicare i dati della patente dell’effettivo conducente ai fini della decurtazione dei punti, aveva fornito un’indicazione non veritiera.

Nella fattispecie si incorre nel reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o di altri previsto dal Codice penale all’articolo 495 c.p.

Non è, quindi, tanto l’intento fraudolento di evitare la decurtazione dei punti della patente, usando come parafulmine un altro soggetto, quanto la dichiarazione falsa fornita a un pubblico ufficiale che, al di là della venalità dello scopo, è comunque un reato in sé e per sé grave.

A tal fine per sconfessare la dichiarazione falsa ha valore la testimonianza della pattuglia che ha avvistato l’auto ma non l’ha potuta fermare, così come la fotografia scattata dall’autovelox se in essa si possa individuare la persona alla guida.

Attenzione dunque a fornire alle autorità dati falsi: il rischio è molto più grave di una semplice sanzione amministrativa.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

Udienza camera di consiglio del 27/11/2015

Sentenza n. 1709/2015

Registro generale n. 17853/2015

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. VESSICHELLI Maria – Consigliere

Dott. PEZZULLO Rosa – rel. Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO;

nei confronti di:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1078/2013 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di CAMPOBASSO, del 07/05/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO.

RITENUTO IN FATTO

  1. Con sentenza del 7.5.2014 il G.u.p. del Tribunale di Campobasso applicava a (OMISSIS) ex articolo 444 c.p.p. la pena di mesi sei di reclusione, per il reato di cui all’articolo 495 c.p., per aver compilato o fatto compilare il modulo trasmesso alla polizia di Stato di Campobasso – di comunicazione dati del conducente riportante le generalità di (OMISSIS) strumentalmente indicando nel proprio interesse, al fine di evitare la decurtazione dei punti sulla patente, ovvero l’applicazione di una sanzione pecuniaria per l’omessa comunicazione, tale soggetto estraneo quale conducente, invece, del veicolo tg. (OMISSIS), destinatario ai sensi dell’articolo 142 C.d.S., comma 8 di due verbali elevati dagli agenti di P.S. e a lui notificati quale proprietario del veicolo.
  2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il P.G. presso la Corte d’Appello di Campobasso, lamentando l’omessa declaratoria della falsità del documento indicato nell’imputazione, in violazione dell’articolo 537 c.p., in relazione all’articolo 675 c.p., atteso che ai sensi dell’articolo 537 c.p., commi 1 e 4 con la sentenza, sia essa di condanna o di proscioglimento, la falsità di un atto o di un documento accertata è dichiarata nel dispositivo; inoltre, la necessità di tale statuizione è ribadita dal comma 3, che prevede l’impugnabilità anche autonoma della pronuncia resa sulla falsità ed il riscontro all’obbligatorietà della declaratoria di falsità si rinviene, anche nell’articolo 675 c.p.p., comma 1, che riconosce ad ogni interessato la facoltà di richiederla, ove essa sia stata omessa nel dispositivo della sentenza e non sia stata proposta impugnazione per tale capo; la predetta declaratoria deve essere pronunciata, anche nelle ipotesi di patteggiamento, posto che risulta consolidato il principio, secondo cui, la natura particolare del rito previsto dall’articolo 444 c.p.p., non esclude la dichiarazione di falsità degli atti e dei documenti prevista dall’articolo 537 c.p., in tutti i casi in cui la pronuncia del Giudice comporti l’accertamento della falsità e ciò perché la sentenza pronunciata sull’accordo delle parti è equiparata ad una sentenza di condanna e non prevede espressamente l’esclusione della declaratoria di falsità; anche il giudice del patteggiamento, pertanto, è tenuto a dichiarare la falsità di atti e documenti accertata nel corso del giudizio, indipendentemente dalle pattuizioni delle parti, dovendosi escludere che tale dichiarazione costituisca pena accessoria.
  3. Il Procuratore Generale in sede ha presentato conclusioni scritte per l’accoglimento del ricorso.
  4. (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, ha depositato in data 20.11.2015 memoria con la quale ha evidenziato l’infondatezza del ricorso in relazione al rito prescelto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

  1. Ed invero, la sentenza di patteggiamento emessa nei confronti di (OMISSIS) all’esito dell’applicazione della pena di mesi sei di reclusione, per il reato di cui all’articolo 495 c.p. non ha dichiarato la falsità del modulo trasmesso alla polizia di Stato di Campobasso- di “comunicazione dati del conducente” oggetto del reato. Il P.G. lamenta tale omessa declaratoria, richiamando in sostanza un orientamento di legittimità che ritiene applicabile anche alla sentenza di patteggiamento il disposto di cui all’articolo 537 c.p.p., commi 1 e 4, sul presupposto che la sentenza pronunciata sull’accordo delle parti è da equipararsi ad una sentenza di condanna (cfr. Cass. n. 45861/2012, Rv. 254989).
  2. Con tale orientamento, integralmente condiviso da questo Collegio, è stato affermato il principio – che si richiama nuovamente in questa sede ed al quale si ritiene di dare continuità – secondo cui, in ipotesi di sentenza di patteggiamento che abbia omesso di dichiarare la falsità di un documento, la Corte di Cassazione può adottare direttamente i provvedimenti previsti dall’articolo 537 c.p.p., non occorrendo alcuna valutazione di merito per una declaratoria che la legge pone come effetto inevitabile della sentenza di condanna, a cui è equiparabile la sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti (Sez. 5, n. 7477 del 21/01/2014; Sez. 5, n. 20744 del 01/04/2014).

3.Tale convincimento muove dall’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U. 20/1999, Rv. 214638) che, nello statuire che con la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti – decisione equiparata ad una sentenza di condanna dall’articolo 445 c.p.p., comma 1, ultima parte – il giudice è tenuto a dichiarare, ai sensi dell’articolo 537 c.p.p., comma 1, l’accertata falsità di atti o di documenti, ha pure precisato che la dichiarazione di falsità prescinde dall’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, essendo fondata esclusivamente sull’accertamento – che si rende possibile anche nel giudizio speciale di patteggiamento, pur nei limiti di una cognizione allo stato degli atti – della non rispondenza al vero dell’atto o del documento.

Le Sezioni Unite hanno testualmente osservato che anche in tale giudizio “la necessità dell’accertamento del fatto è inderogabilmente postulata, oltre che nell’ottica dell’applicazione di cause di non punibilità, tanto ai fini del controllo dell’esattezza della qualificazione giuridica, che si attua attraverso la verifica della corrispondenza del fatto accertato con la fattispecie legale, quanto ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie”, con la conseguenza che “l’accertamento del fatto contenuto nella sentenza di applicazione della pena concordata può costituire, dunque, idonea base giustificativa della pronuncia dichiarativa, della falsità di atti o di documenti”. Pertanto, se l’accertamento del fatto, e, quindi della non rispondenza al vero dell’atto, o del documento in caso di reato di falso, è insito nella pronuncia di applicazione della pena su richiesta, non è dato comprendere quali ulteriori motivazioni implicanti valutazioni di merito a sostegno della ritenuta falsità, precluse a questa corte, sarebbero riservate al giudice dell’esecuzione (Sez. 5, n. 7477 del 21/01/2014).

  1. Nel caso di specie, pertanto, il giudice di merito risulta aver accertato il fatto, attraverso l’esclusione delle cause di non punibilità e verificato la corretta qualificazione giuridica di esso, sicché la falsità del predetto modulo, non dichiarata nella sentenza oggetto di ricorso, può e deve essere dichiarata in questa sede. L’annullamento in parte qua della sentenza impugnata va, pertanto, pronunciato senza rinvio, contestualmente dichiarandosi la falsità del modulo in questione (Sez. 5, n. 7477 del 21/01/2014; Sez. 5, n. 20744 del 01/04/2014).

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla omessa declaratoria di falsità del modulo di comunicazione di cui all’imputazione, falsità che dichiara.

Così deciso il 27.11.2015

Depositata in cancelleria l’11 maggio 2016


 

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