Il nuovo contenzioso tributario – le parti nel processo
a cura del Cav. Franco Antonio Pinardi
La riforma del processo tributario (D.lgs. 24 settembre 2015, n. 156) è entrata in vigore il 1° gennaio 2016, ad eccezione delle previsioni relative all’esecutività delle sentenze, che si applicheranno dal 1° giugno 2016.
Le nuove norme processuali si applicano a tutti i giudizi pendenti alla data della loro.
A differenza di quanto disposto dall’articolo 4, D.lgs. n. 546/1992, la competenza del giudice tributario va sempre individuata con riferimento alla sede dell’ente impositore o dell’agente della riscossione.
Il D.lgs. 156/2016 ha inoltre riscritto l’articolo 10 relativo alle parti nel processo, adeguando la normativa all’articolazione delle agenzie delle Entrate e delle Dogane e dei monopoli.
Il nuovo art. 10 individua, oltre al contribuente ricorrente, le parti del processo tributario, cioè:
- a) l’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al D.lgs. 30.7.1999, n. 300;
- b) gli altri enti impositori (es Regioni, enti locali, CCIAA, consorzi di bonifica, ecc.);
- c) l’agente della riscossione (nell’ipotesi di impugnazione della sola cartella esattoriale e per vizi propri);
- d) i soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del D.lgs. 15-12-1997, n. 446, che svolgono le attività di liquidazione, accertamento e riscossione di tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.
In sostanza, il requisito di parte è correlato al fatto che l’organismo suddetto ha emesso l’atto impugnato o non ha emesso l’atto richiesto (avviso di accertamento o rettifica, nel primo caso; diniego di rimborso o agevolazione, nel secondo).
Il ricorso introduttivo del contribuente che impugna l’atto impositivo o il diniego andrà quindi notificato alla direzione provinciale territorialmente competente, sia in primo che in secondo grado.
L’ufficio sta in giudizio e si difende direttamente o «mediante la struttura territoriale sovraordinata», nell’ipotesi in cui la direzione regionale dell’Agenzia reputi a sua insindacabile discrezione, di avocare a sé la trattazione di singoli affari o interi filoni di contenzioso.