Blog e diffamazione: il caso della provocazione – Sentenza n. 9907 del 2012
Ente Giudicante: Corte di Cassazione
Procedimento: Sentenza n. 9907 del 2012
Blog e diffamazione: il caso della provocazione
Il licenziamento della moglie effettuato con “modalità ritenute illegittime” (pertanto prontamente impugnato davanti al giudice del lavoro) rende non punibili le frasi offensive profferite dal marito della lavoratrice e pubblicate su un blog. E’ quanto ha stabilito la V sezione penale della Cassazione con la sentenza 9907/2012, peraltro confermando l’assoluzione pronunciata in appello dal tribunale di Milano.
Come può essere accaduto? In realtà, per certi versi, la sentenza non è rivoluzionaria. I giudici di piazza Cavour, infatti, hanno semplicemente avallato l’applicazione dell’art. 599, comma 2, c.p. secondo il quale “non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 (ingiuria e diffamazione, ndr) nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso”.
Così, è stato precisato che il “fatto ingiusto” può anche non avere rilevanza penale o civile (comunque, nel caso concreto, ci si trovava di fronte ad un licenziamento ritenuto in qualche modo illegittimo) e che anche qualora le offese provengano da un soggetto diverso (il marito, appunto) da chi ha subito l’ingiustizia, esso può andare esente da pena per il riconoscimento della “provocazione” contemplata dalla norma citata.
La novità sta nel fatto che finalmente, pur se in modo un po’ timido, alla “Rete” si applicano non soltanto i trattamenti sfavorevoli (si ricordino i tanti tentativi di assimilarla alla stampa), ma anche quelli favorevoli, come quelli della vicenda trattata dalla Cassazione.
Sentenza n. 9907/2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione V Penale
Udienza pubblica in data 16 dicembre 2011
Sentenza n. 2979
Registro generale n. 9520/2011
Composta dagli Ill.mi Signori:
dr. Vito SCALERA Presidente
dr. Pietro DUBOLINO Consigliere
dr. Stefano PALLA Consigliere
dr. Paolo Antonio BRUNO Consigliere
dr. Maria VESSICHELLI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto il 30.10.2010 dall’avv. (…) difensore della parte civile (…) avverso la sentenza del Tribunale di Milano del 14 giugno 2010, nel procedimento penale a carico di (…), nato a Milano il (…).
Letto il ricorso e la sentenza impugnata.
Letta la memoria difensiva depositata il 15.11.2011 dall’avv. (…) difensore di (…).
Sentita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO.
Udite le conclusioni del P.G. in persona del Sostituto dr. Francesco Mauro Iacoviello, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Milano riformava in parte la sentenza di condanna emessa dal Giudice di pace di quella stessa città il 25 maggio 2009 nei confronti di (…), imputato dei reati di ingiuria e diffamazione in danno di (…) dichiarando lo stesso non punibile ai sensi dell’art. 599 c.p. per avere commesso il fatto a seguito di provocazione.
Avverso la pronuncia anzidetta il difensore della persona offesa, costituitasi parte civile, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con unico motivo d’impugnazione parte ricorrente si duole della valutazione delle risultanze processuali, segnatamente delle dichiarazioni di testi (…) ed (…) ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) in relazione agli artt. 599 c.p., 546 comma 1 lett. c), 192, comma 1, 125 comma 3 c.p.p..
2. – La doglianza si colloca ai limiti dell’ammissibilità e, ad ogni modo, è sicuramente priva di fondamento.
Non merita, infatti, censura di sorta il costrutto motivazionale della pronuncia impugnata che, sovvertendo motivatamente, la statuizione di condanna del primo giudice, ha riconosciuto l’applicabilità alla fattispecie della causa di non punibilità della provocazione. Si tratta di argomentato apprezzamento di merito che, in quanto conforme ai principi di diritto in subiecta materia, si sottrae al sindacato di legittimità.
E’, infatti, indiscusso insegnamento di questa Corte regolatrice che la causa di non punibilità della provocazione sussiste non solo quando il fatto ingiusto altrui integra gli estremi dell’illecito civile o penale, ma anche quando esso sia lesivo di regole comunemente accettate nella civile convivenza (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 11.3.2009, n. 21455, rv. 243506). Ed in linea con siffatta enunciazione è stato ritenuto provocatorio il comportamento della persona offesa, dirigente amministrativo dell’azienda presso cui lavorava la moglie dell’imputato, per via di espressioni irriguardose proferite all’indirizzo della donna, peraltro licenziata con modalità ritenute illegittime, tanto che il licenziamento era stato poi impugnato con ricorso al giudice del lavoro. La reazione del Conti, sostanziatasi nell’immediato inoltro ad unblog di mail di commento sferzante all’indirizzo della dirigente (…) è stata motivatamente ritenuta scriminatadall’esimente in questione. D’altro canto, è anche pacifico che in tema di riconoscimento dell’esimente della provocazione di cui all’art. 599 cod. pen., il fatto ingiusto altrui può costituire provocazione anche se diretto verso persona diversa da colui che reagisce, ma a costui legata da particolari rapporto, come quello di coniugio (cfr., sul tema, Cass. sez. 5, 12.2.1992, n. 4664, r.v. 189859).
Di talché, correttamente ne è stata riconosciuta l’applicabilità alla reazione del marito, benché le offese fossero indirizzate alla moglie.
3. – Per quanto precede, il ricorso – complessivamente considerato – deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 dicembre 2011.
Il consigliere est. Il Presidente
Depositata in cancelleria addì 14 mar 2012