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Giurisdizione tributaria: necessità di una riforma

La giurisdizione tributaria deve essere oggetto di una riforma di sistema, sicuramente prudente e ragionata come debbono essere tutte le buone riforme, ma non limitata all’applicazione di pannicelli caldi”.

E’ quanto affermato nella sua relazione dal Presidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, Mario Cavallaro, in occasione della Seduta straordinaria di Inaugurazione dell’Anno giudiziario tributario 2016, tenutasi a Roma lo scorso 19 febbraio.

L’affermazione nasce dal fatto che la recente attuazione della legge delega che tante attese aveva suscitato, non sembra aver sortito gli effetti sperati dagli addetti ai lavori.

Al di là delle misure di “manutenzione straordinaria del processo” (dalla condanna pressoché obbligatoria per la soccombenza all’introduzione di quella per lite temeraria, alla esecutività delle sentenze in primo grado, al giudizio di ottemperanza in forma monocratica), non soddisfacenti si sono rivelate le ipotesi di modifica ordinamentale del sistema da considerare nel suo complesso.

Partendo dal presupposto incontrovertibile che per conservare (ed incrementare) una magistratura tributaria altamente specializzata, in possesso ossia di nozioni, competenze ed esperienze di prim’ordine, per affrontare la complessità e la delicatezza della funzione regolatrice del conflitto tributario, è necessario intervenire, pur tenendo conto delle compatibilità economiche, applicando come dice il Presidente Cavallaro “un sano e prudente riformismo”.

Così occorre almeno avviare una nuova selezione di giudici ordinari professionali, irrobustendo i ranghi attuali e prevedendo un regime di compensi stabilito finalmente per legge e dignitoso, costituendo intanto quantomeno in parte un organico di magistrati a tempo pieno (così facendo venire meno quella connotazione di magistratura onoraria che oggi si dà), avviare ancora il processo di autonomia dal Ministero dell’economia e delle finanze il cui legame con la giurisdizione tributaria ed il Consiglio di Presidenza è ormai prima irrazionale che sbagliato, riconducendo nel contempo sotto la Presidenza del Consiglio, come ogni altra magistratura speciale, quella tributaria.

Inoltre parrebbe ormai inevitabile, al fine di modellare la giurisdizione tributaria a quella contabile ed amministrativa, articolare la stessa in due gradi, senza più il giudizio di legittimità ma solo il controllo sulle questioni di giurisdizione.

Altrimenti si può mettere in campo un modello, già studiato in passato, che mantiene la specialità del giudice di prima cura, più prossimo ai cittadini ed al mondo economico, e trasferisce alle corti ordinarie di secondo grado (Corti d’Appello) ed a quella di legittimità (Corte di Cassazione) l’ulteriore corso della giurisdizione.

Infine, ulteriore e definitiva opzione, si può ipotizzare, ma è la soluzione forse meno desiderabile a fini di tempestività ed efficienza, la trasmissione della materia a sezioni specializzate della giustizia ordinaria, che dovrebbero però essere in ogni caso irrobustite ed innervate da laici esperti, al pari di altre corti specializzate.

Quello che è certo, conclude sul punto il Presidente Cavallaro, è che il “pensare che una giustizia così corposa ed importante, così diffusa sul territorio, così necessaria al cittadino possa continuare semplicemente così com’è oggi è del tutto illusorio”.

Passando poi ai dati numerici e statistici significativi, la relazione mette in luce che alla data del 31 dicembre del 2015 i ricorsi pendenti ammontano in totale a 538.191, di cui 393.627 nel grado Provinciale e 144.564 in quello Regionale; in sostanza malgrado i vari istituti deflattivi esistenti nell’anno appena trascorso si è registrato un aumento dei ricorsi ed appelli depositati in ingresso nelle Commissioni per un complessivo 6% (passando da 246.390 dell’anno 2014 a 261.186), e il dato più significativo nel grado Provinciale, dove l’incremento è pari a oltre il 13% (da 184.901 a 191.244, mentre in grado Regionale si passa da 61.489 a 69.942).

E’ pure vero che gli effetti auspicabilmente positivi della recente entrata in vigore delle norme portate dalla attuazione della delega fiscale non sono ovviamente ancora apprezzabili, ma resta comunque indiscutibile il dato in aumento degli affari contenziosi da discutere che va ad inserirsi in una realtà che vede l’organico delle Commissioni tributarie, composte in misura sempre più larga da magistrati togati – complessivamente ormai oltre il 50% del totale – in sicuro “affanno”. Infatti, il numero dei magistrati in servizio è di 3.253, con una scopertura totale di 1.415 unità, di cui 1.053 (pari al 31,4%) in primo grado e 362 (pari al 27,6%) in grado di appello.

Per quanto riguarda le materie trattate, come prevedibile, oltre il 70% è dato dai tributi erariali ed il restante 30% per quelli locali; all’interno dei tributi erariali la parte del leone è assegnata (circa al 50%) alle controversie in materia di IRE, IRPEF ed IRAP.

Sempre con riferimento al trascorso anno 2015, le Commissioni hanno trattato complessivamente affari per circa 34 miliardi di euro (circa 22 miliardi in primo grado e poco oltre i 12 miliardi in secondo grado), ferma peraltro la circostanza che i numeri più massicci nelle pendenze riguardano i casi meno incisivi dal punto di vista economico (42% in CTP fino ad un valore di 2.582 € e 56% in CTR fino ad un valore di 20.000 €).

Altri dati rilevanti riguardano il complesso delle controversie decise, n. 302.777, di cui 247.182 in grado provinciale e 55.595 in grado regionale (nel 2014 i ricorsi decisi furono qualche migliaio in più e cioè 306.892).

Ma al di là dei freddi dati numerici, il Presidente Cavallaro nella sua relazione, ha tenuto comunque a sottolineare che la giurisdizione tributaria entro poco più i tre anni di media riesce a dare una risposta definitiva, in entrambi i suoi gradi di giurisdizione, alle domande di giustizia che le vengono rivolte. Ovviamente in questo computo di tempo non viene considerata l’eccessiva durata dei giudizi innanzi alla Corte di Cassazione, che per la sua funzione nomofilattica e per il prestigio e l’autorevolezza delle sue pronunce resta un punto ineludibile di riferimento per la giustizia tributaria, ma che comunque resta situazione di sicura criticità del sistema e le cui soluzioni vanno trovate nelle sedi istituzionali di competenza.

Per rendere più tempestiva ed efficiente l’azione delle Commissioni e coprire i consistenti vuoti nell’ordine dei giudici, l’organo di autogoverno dei giudici tributari intende richiedere al Ministero dell’economia e delle finanze di avviare il percorso finalizzato all’espletamento di nuove procedure concorsuali esterne, anche per selezionare più specifiche professionalità e ringiovanire le fila della magistratura tributaria.

E’ stato anche ricordato che procede con la collaborazione del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, l’attuazione del processo tributario telematico, che ha visto il concreto avvio lo scorso 1° gennaio 2015 nelle due regioni pilota di Umbria e Toscana, nelle quali però finora non si è registrato ancora un significativo uso dello strumento, risultando poco più di alcune decine i ricorsi telematici depositati; tuttavia considerato che l’informatizzazione del processo tributario è ormai una finalità non più reversibile, occorre senz’altro dare all’iniziativa maggiore impulso investendo nelle capacità organizzative e formative e coinvolgendo più incisivamente tutti gli operatori interessati, visto anche che per l’anno in corso è prevista l’ulteriore diffusione dello stesso nelle regioni Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Liguria, Veneto e Piemonte.

Domenico Caputo