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Brusca sospensione della terapia causa la morte del paziente: l’ospedale deve risarcire

Imperizia e negligenza sono alla base della sentenza emessa dal Tribunale di Viterbo, la n. 160 del 2 febbraio 2016, con la quale è stata affermata la responsabilità dei medici della Asl locale in relazione alla morte di una anziana donna ricoverata per uno scompenso cardiaco presso l’ospedale di Montefiascone.

Alla sfortunata paziente era stato interrotto il trattamento anticoagulante ed a seguito di ciò era deceduta.

I familiari, sospettando un’imperizia da parte del personale sanitario, si sono rivolti all’autorità giudiziaria chiedendo il risarcimento del danno.

In prima istanza il giudice ha riconosciuto le ragioni dei parenti condannando la Asl a risarcire le due figlie della paziente deceduta con una cifra pari a 163.990 euro ciascuna, per un totale di 327.980 euro.

Secondo i consulenti dell’accusa, infatti, la sospensione del trattamento anticoagulante è stata troppo repentina e ha causato le ischemie che hanno portato alla morte; una morte evitabile, dunque, se la paziente avesse ricevuto una terapia adeguata che non avesse provocato gli attacchi ischemici.

La Asl potrà ora ricorrere in appello, ma dalla sentenza di primo grado si evince il principio in base al quale anche se può risultare necessaria la sospensione di determinati farmaci, è necessario comunque prestare particolare cautela ed evitare sospensioni troppo brusche di una terapia se c’è il pericolo di un danno per il paziente.